Alla macchia

Alla macchia, sì Matteo, è così il mio giardinare oggi.
Giardinaggio senza piani, senza disegni, perchè non si può avere un piano, un disegno quando il piacere è nella relazione, nello scambio. Il mio giardino non è una espressione artistica, come non è un luogo definito: il mio giardino è nel vivere, nel continuo riflesso, per parole e immagini, che stare con le piante mi procura. Giardinando ciò che lascio, sono piante accostate, piante curate, sono parole, immagini, affetti, questo blog. Pur cercando bellezza non è il fine estetico la mia guida: la bellezza è colta nella vita che avvicina, lega, persone a persone, piante a piante, persone e piante.
La natura vegetale è misteriosa, profonda e affascina sentire quanto stretti e dipendenti sono i nostri destini. Osservando un paesaggio come un giardino vedo il lavoro dell’uomo sulla natura, vedo la promessa della natura, una promessa che agita le nostre zappe i nostri cuori. I luoghi curati raccontano storie che una volta narrate tornano ad essi in nuovi gesti e nuove cure.
Nascono dalle macchie, quando nascono, i miei giardini, nascono da una cosa che vedo, che è lì, ma è lì perchè lì ci sono i miei occhi, il mio cuore. Domani o ieri, con te o senza di te, non è la stessa cosa, la stessa macchia, lo stesso giardino… Se qualcosa mi muove, allora cominicio: sei io provassi, se io mettessi… Ci sono giardini ai quali non ho nulla da aggiungere, magari togliere: sì togliere…
Tornando alle macchie, quelle che la natura offre sono le più incredibili: nel legno vecchio del castagno, nel prato fiorito, nei licheni sulla roccia… Ci sono macchie e macchie, alcune sono molto pericolose e ho imparato negli anni a ignorarle. Anche se affascinanti non tutte sono adatte alla crescita perché hanno veleni e rancori difficili da lenire. Meglio lasciar cadere: utile darsi alla macchia…
Questione di affetti ecco cosa è il mio giardino.
di Matteo Meschiari in queste vacanze ho letto con piacere e attenzione:
Dino Campana. Formazione del paesaggio
Sistemi selvaggi. Antropologia del paesaggio scritto
Mentre mi trastullo con la mail, invece di decidere dove piantare gli alberi da frutto( in tagliola da 1 anno sich !) nell’unico giorno di sole di questo inverno, con un caos notevole di giornali, abbigliamento etc. leggo “alla macchia” e mi sento un Lucignolo-Pinocchio , però ….c’è speranza che diventi una fatina?
p.s. ho pensato dei buoni propositi per il nuovo anno.
salutoni a te, bravo ragazzo
pat
Caro Paolo; mi sento di dirti grazie… Quando mi sono trasferita a Bologna dalla mia casa in campagna, dal mio paesino a quota 914 metri, quello che mi attanagliava di più era la perdita di quella “selvtichezza” di cui tanto parli, con cui ho trascorso la mia infanzia e che spero possano conoscere i miei futuri bambini. Grazie perchè attraverso le tue parole riesco a capire che se la natura non è cosi vicina e cosi evidente in una città come Bologna, sta a noi cercarla amarla ed apprezzarla perchè l’uomo è natura e la selvatichezza è un bisogno istintivo che viene spesso estinto da alcuni criteri e leggi “artificiali” che spesso l’uomo sciocco impone e si impone… Cosi’ mi ricordo che nel parco vicino casa ci sono tanti rametti secchi e pietre lisce che mi apettano da portare in casa per fare magnifiche composizioni!
E poi grazie perchè le tue fotografie sono più eloquenti di ogni altra parola!
Nobel subito!
Macchie e macchiaioli. Blind spots. E varchi.
Ricordi Laputa? C’era una volta un Albero, un gigante…
mi piacciono le macchie pericolose, sono le più selvagge, è necessario entrarci con prudenza, senza ferirle e senza farci ferire, credo possano aiutare a risvegliare sensi addormentati e favorire l’attenzione: anche i veleni possono curare.
due nobel: uno alla selvatichezza a Paolo e uno alla olygardener. Mah mi chiedo perchè io non vedo le stesse cose, sono i miei occhi o è l’animo con cui esco alla mattina?
posso venire a fare colazione da te?
Oppure se qualcuno ha la risposta…