Il sorriso di Nicola
Non so se Nicola Salvi l’avesse previsto, quando scelse quella pietra tutta grotticelle e buchi per la sua incantevole Fontana di Trevi. Non so se i responsabili della manutenzione siano distratti o esteti, o filosofi… Ma quel tocco verde, in un angolo discreto ma non invisibile, con la sua grazia di bouquet tra i tagli duri e calcinati del travertino, mi ha fatto pensare con riconoscenza alla bellezza indomita del caso.
Quanto è grande quel “giardino”? Pochi centimetri quadrati. Quanta manutenzione richiede? Poco o nulla. Ha l’acqua? Sì. Non esisterebbe, se qualcuno non lo scoprisse.
E’ lì, fino a quando qualche zelante non lo chiamerà “erbaccia”, a dirci che la bellezza non l’ha inventata il giardiniere. Ma che un giardiniere può fare molto per la bellezza.
È una bellissima immagine di forza e di resistenza, un inno alla vita, malgrado tutto. Spero di avere il tempo di vederla prima che qualche zelante la faccia sparire, povera piccola pianticella coraggiosa!
Salutissimi, Annarita
Arrivai sull’onda di un filo di vento. Mi ritrovai sbattuto, stordito appena nel mio torpore.
All’inizio fui trattenuto solo dalla leggerezza del mio essere e dall’umida ruvidità di un incavo.
Ricordo un’improvvisa intensità. Fui risucchiato da un richiamo, da una tensione irresistibile. Riconobbi il luogo, seppi che era il momento: esplosi in un lampo. Mi sporsi in mille direzioni mi sciolsi e ricomposi più volte nell’adesione a quell’intorno. Cercavo ovunque e ovunque potessi mi infilavo, più a fondo, più a lato, più in basso. Mi protendevo per raccogliere nel mio abbraccio tutto quello che poteva accompagnarmi: grani di polvere, fili di paglia, ricordi di terra. Più mi infilavo più mi rinforzavo, fino a sentire di non temere più l’alito del vento, mio padre. Fu un dolore intenso che mi sospinse in alto e mi costrinse a sfondare un buio senza tempo. Quando mi aprii… era per quello che ero lì, per quello avevo lottato fino allo sfinimento, fui sommerso dal desiderio euforico di moltiplicare e dividere e aprire, aprire, assorbendo con tutto me stesso freschezza e calore e luce!
Ma non avevo una voce.
Poi sei arrivata tu e mi hai guardato, mi hai riconosciuto.
Quello che hai fotografato era il mio inchino, ai tuoi occhi!
Grazie Cecilia, sono commossa di questo testo bellissimo che riguarda non solo la pianta ma la bellezza del desiderio in generale. Desiderio di vita, che con la morte ha a che fare per continuare a risorgere. Intrecci necessari.
A volte in una vita non passa neppure l’occhio di un fotografo ma non vuol dire che la vita non abbia significato.
Brrr che grandi discorsi. Però con questo testo hai dipinto quello che non avrei potuto fotografare.
grazie a voi per aver espresso, sostenuto e dato voce a questa espressione di vita che spesso rimane inosservata perchè ci vuole tempo e sacrificio per bucare l’asfalto ma altrettanto per essere notati e soprattutto apprezzati, ancor di più se non si profuma o si è tanto colorati.
Mi lancio nell’identificazione 🙂 : Ciombolino comune ovvero Cymbalaria muralis piantina erbacea e perenne dai delicati fiori …
http://www.funghiitaliani.it/index.php?showtopic=17334
Un nome tintinnante! Le foglie però non avevano le punte: erano arrotondate. E non è neppure l'”ombelico di Venere”, a dispetto del fatto che sarebbe un accostamento molto romantico alla roccia così duramente scolpita.
Alla Fontana arrivano cavalli dalla periferia, piccioni dalla regione, gente da tutto il mondo… senza parlare delle nuvole… Chi avrà trasportato il “Sorriso di Nicola Salvi”?
Allora che sia il Ciombolino trilobo ovvero Cymbalaria aequitriloba? Era pelosetto?
http://luirig.altervista.org/schedeit/ae/cymbalaria_aequitriloba.htm
pure io avrei detto “ombelico di venere” anche per le parole molto passionali e voluttuose che ha ispirato .
No e poi era più grande come foglie. Appena torno a Roma, la rifotografo… se c’è ancora. Ho buttato la monetina, quindi dovrò ben tornare!