Giardini possibili

Se hai giocato tra le ramaglie di un bosco, costruito fortini, scavato… Se ti sei arrampicato su un albero o sei rotolato giù per una collina erbosa… Se conosci una radura di mirtilli o un torrente con ranocchie verdi… Se queste cose ti appartengono, l’idea di un giardino per crescere, ti sarà molto familiare.
Inizia così un nostro scritto a spiegazione dei giardini che andiamo facendo con Alberto e Andrea per scuole in questo 2011. Tutto molto bello ma le difficoltà non mancano. Una in particolare mi arrovella. Come si presenta un mondo di questo genere a chi è nato in città e della natura non ha nessuna esperienza, nessuna apparente curiosità. Sono tanti gli adulti, soprattutto giovani, che non hanno “provato”, che non hanno mai “vissuto” luoghi selvatici, luoghi capaci di scatenare il gioco libero, luoghi dove un gruppo di pari cresce.
In questo anno incontrando educatrici, pedagogiste, genitori ho il dubbio di aver spinto troppo il tasto sulla nostra “orgogliosa” diversità. Non può essere “sventolare bandiere” il nostro obiettivo, dobbiamo lavorare sulla gradualità, sulla capacità di comprendere i vissuti di chi si avvicina ai nostri temi. Ci sono alcune parole chiave che è bene non scordare: empatia, possibilità, gradualità.
Ne aggiungo una: piacere, il piacere di una cosa bella… Facciamo cose belle, costruiamo giardini per crescere, giardini possibili come è possibile la natura che ci accoglie.
Sono Silvia, ho scritto mesi fa per chiedere un consiglio riguardo ad un possibile percorso nell’orto-terapia, sono educatore anch’io.
A distanza di mesi ti riscrivo ammaliata da ciò che ho letto…le ramaglie, i pari con cui crescere… Quando ero piccola, anni 70, c’era l’argine del Po infondo alla mia via, io ed i miei fratelli ed altri bambini del centro ci trovavamo a costruire capanne sull’argine, creare giochi infiniti ed era tutto possibile perchè eravamo a due passi da casa perchè ogni tanto qualche anziano passava a buttarci un occhio. Vivevamo tutte le stagioni e non ricordo avessimo lunghe malattie. Ora l’argine è coltivato intensamente,prima c’rano le anse di terra, terrapieieni, con salici e biancospini, ora tutto è stato parificato, devono passarci le macchine per tagliare l’erba e non devono trovare ostacoli.
Accanto alla nostalgia ( colori di piante selvatiche, scambi, corse e crescite vigorose ma sfamanti) ora la storia prosegue, fra due mesi divento mamma, il piccolo sarà selvatico a suo modo di certo ma sto cercando quella gradualità che dici, di portare altri a vivere con noi il bello di avere i piedi in corsa, la voglia di provare. Ho fiducia, devo averla. Nella scuola dove lavoro si affronta la disabilità grave ogni giorno, abbiamo molto spazio in cui muoverci nel verde ed un giardino di inizio 900 fatto di dune, noccioli, calicanto, magnolie, cachi, meli, nessuno dei bambini che ho accompagnato in questi anni si è mai fatto male nell esplorarlo. hanno una curiosità attenta, una voglia concreta di stare e stare. Magari subito questo giardino a loro non dice molto ma poi a giocarci dentro insieme si creano incontri e stati nuovi che aggiungono sapore e conquista ai propri gesti, al contatto, allora è fatta, diventano parte del giardino.