Re Laurino e il suo roseto

 

Oggi è una giornata invernale e perdipiù io (con tutta la famiglia) da qualche giorno combattiamo con raffreddori ed influenze.

Così ho pensato di raccontarVi una bella fiaba.

E’ una fiaba che appartiene all’area del sud Tirolo, si chiama Re Laurino e il suo roseto. Io la conosco attraverso il racconto di Karl Felix Wolff.

Karl Felix Wolff, 1947, Re Laurino e il suo roseto, Bolzano, Athesia, 1997.

La storia comincia con il presentare una valchiria nordica, Sittlieb che avuta la notizia di una montagna sulla quale fioriscono innumerevoli e stupende rose, decide di mettersi in viaggio per scoprirla. Dopo un lungo peregrinare arriva sulle Alpi tirolesi, ai piedi di una montagna, il Rosengarten. Qui, avvisata dai locali che il luogo è quello in questione, scopre che la zona della montagna è popolata da uomini nani governati da un Re, il Re Laurino. Sittlieb riesce a farsi ricevere dal sovrano e arrivata al suo cospetto gli chiede immediatamente di poter visitare il giardino. Laurino non ha nulla in contrario, anzi le domanda se, visto lo stato di abbandono in cui versa il suo roseto, lei abbia interesse a prendersi cura della coltivazione. Sittlieb vuole vedere prima di decidere, ma appena entrata in giardino si meraviglia, si commuove, ed individua subito quello che può diventare il suo compito. Di seguito riferisce al Re i suoi intenti e questi li approva, così Sittlieb con alcuni nani giardinieri in veste di aiutanti si mette al lavoro. La valchiria, fra i suoi obblighi, ha quello di uscire tutti i giorni per una cavalcata con il Re; in questi frangenti egli ha modo di apprezzarne la prestanza fisica e la saggezza. Il Re, oltre a consigli riguardanti il regno, le chiede spesso del suo giardino manifestando il desiderio di visitarlo. Sittlieb si schermisce, rimanda, sostiene la non opportunità di visitare il giardino prima del termine dei lavori, ricordando che si potrà meglio goderne solo al suo compimento. Il Re a malincuore acconsente, ma con il passare del tempo la sua curiosità aumenta: i suoi nani giardinieri raccontano meraviglie e questo aumenta il desiderio. Il Re chiede a Sittlieb di descrivergli il posto e Sittlieb racconta di un roseto fatto di pietre e terre e piante, tutte di bellezza incomparabile; una in particolare, la rosa della rimembranza, dotata di una fioritura meravigliosa, è il simbolo del giardino e la sua straordinaria bellezza ha il potere di ricordare il buon tempo antico in cui ebbe origine il giardino. Sittlieb parla entusiasta, comincia le frasi con espressioni come: « il nostro giardino, il nostro roseto sarà meraviglioso ». Sittlieb, a questo punto, si è innamorata segretamente del Re il quale però non si accorge dei sentimenti della ragazza, del suo parlare con ardore al plurale.
A lavori quasi ultimati, una mattina Sittlieb si accorge, lavorando ad un’aiuola, che qualcuno, durante la notte, ha sottratto la rosa della rimembranza. Scopre subito il colpevole, ma non può far nulla perché il ladro è stato mandato dal Re. Il Re ha voluto la rosa per offrirla ad una fanciulla che desidera come sposa. Sittlieb a questa notizia si dispera e fugge dal regno di Laurino senza spiegare i suoi sentimenti e nascondendosi nei boschi. Qui incontra una maga molto potente alla quale chiede un incantesimo particolare, un incantesimo per assumere una voce maschile. Sittlieb, con una nuova voce ed un’armatura maschile, desidera così essere scambiata per un guerriero e decide di cambiare nome e diventare il combattente Dietlieb e con questa nuova identità presentarsi alla corte di Re Teodorico di Verona offrendo il suo servizio. A Verona Dietlieb è ben accolta e si fa subito apprezzare per le sue doti di guerriero: nessuno obietta alla sua richiesta di non togliere mai l’armatura. Nel frattempo Re Laurino, giacché il padre della sua promessa sposa si rifiuta di concedergli la figlia, decide di rapirla e la nasconde nel suo regno. Il padre della rapita chiede aiuto al Re Teodorico che con il suo esercito e Dietlieb al seguito si muove contro il regno di Laurino. Dopo un duro scontro Laurino è sconfitto; Teodorico decide di portarlo in catene a Verona e a questo punto Dietlieb, che pure ha aiutato valorosamente i veronesi nella lotta, si oppone e chiede di poter prendere in consegna personalmente il Re Laurino. Teodorico non acconsente e Dietlieb, rosa dalle passioni, lo sfida a duello. Teodorico, legato a Dietlieb, le chiede di desistere, ma lei non cede e Teodorico a malincuore combatte, uccidendola in duello. Laurino così è portato in catene a Verona e solo dopo molti anni e peripezie riesce a tornare sulle sue montagne. Qui maledice il roseto e tutte le disgrazie che gliene sono derivate e con un incantesimo decide di renderlo invisibile « notte e giorno » ma, pronunciando la formula magica, Laurino si dimentica una cosa. Si dimentica di nominare il tramonto ed è proprio per questa dimenticanza, che ancora oggi al tramonto, la montagna, come raccontano i suoi abitanti, si accende e riflette lo splendore di quell’antico giardino.
La storia, poco conosciuta in questa versione, si presta magnificamente a chiosare la riflessione sul valore educativo del giardino.
Cosa succede quando gli uomini non sono in grado di condividere un terreno comune, uno spazio di relazione? Accade che non si comprendono e si travisa il pensiero e le emozioni, l’uno dell’altro: è così che iniziano le violazioni, i soprusi.
Sittlieb coltiva il giardino in solitudine senza coinvolgere Laurino e, di fronte alle proteste di lui, non si accorge di allontanarlo. Sittlieb quando parla a Laurino dice « il nostro giardino », in realtà il giardino sarà sempre e solo suo e questo sarà il suo male. A questi eroi alpini, Sittlieb in particolare, manca il dono della condivisione, eppure il giardino è lì e la rosa della rimembranza pure, a ricordare un tempo felice dove le persone evidentemente erano capaci di stare insieme e far prosperare giardini. Laurino come tutti gli umani presi da ira distrugge il giardino imputandogli colpe solo umane.
In altre parole il giardino di Laurino avverte della necessità di includere l’altro, di farlo partecipe e riporta a quegli esempi dai quali si è partiti nel raccontare questa storia.
La bellezza e la particolarità di questa fiaba morale sono racchiuse in quella fine non fine del giardino.
Il giardino, quando gli esseri umani si adoperano per distruggere viene anch’esso distrutto, ma non la sua idea -anima per alcuni- che, in questo caso, si ritrova poeticamente a risplendere nei tramonti del complesso montuoso del Rosengarten.
Una volta di più il giardino non è solo arte evasiva od ornamento delle cementificazioni umane: esso è soprattutto pluralità di senso.

Un saluto grande

I commenti sono chiusi.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: