Villa Palagonia
… terra non ne vulimmo non sapimmo cosa fa
Su una linea di basso dub marchio Bill Laswell e stupende melodie graffiate, cantava cosi, nel mio ricordo, anni fa il napoletano Raiz. Ashes mi pare il nome del vinile anche se purtroppo non riesco a trovarlo (ah la mia povera fonoteca dispersa nei meandri degli scambi dimenticati… manco la rete questa volta viene in soccorso).
“terra non ne vulimmo non sapimmo cosa fa” mi piace l’idea di chiosare il giardino, i mostri e i sognatori di pietra di Villa Palagonia con questa dura espressione ( …e il pensiero presuntuoso che al principe, il suo creatore, sarebbe piaciuta).
Che l’uomo su questa terra, con questa terra, non sia in pace, tantomeno felice e che spesso non sappia proprio cosa fare con piante, terra, cielo e altri animali, è un tema che mi ritorna, come mi ritorna l’idea di indagare in termini di giardino tutti quei sentimenti neri e grigi che i nostri amati luoghi nascondono. Non un rimestar fine a se stesso, piuttosto la sottolineatura potente del mutuo possesso delle emozioni umane.
Su Villa Palagonia scopro subito le carte e dichiaro di non averla mai visitata di persona, la mia curiosità (folgorazione) verso questo luogo nasce da alcuni scatti, purtroppo non disponibili in rete, di Ferdinando Scianna. Datati 1972, in un bianco e nero livido, in pieno stile Magnum, le fotografie aprono scorci su un giardino malmesso a forma di tinozza dove il fondo è un mare di Opuntie spinose e erba incolta che nasconde statue rose dal tempo. Sono i sognatori di pietra, esseri con lo sguardo rivolto all’alto, imploranti come pesci sul bagnasciuga.
Su tutto, sui muri alti, una lunga teoria di sculture in pietra tufacea d’Aspra, raffiguranti animali improbabili, gnomi, centauri e altri mostri bizzarri.
La vulgata su Villa Palagonia vuole che il principe Francesco Ferdinando Gravina II, brutto e deforme, per vendicarsi del suo avverso destino, volle ridicolizzare attraverso una serie di caricature amici e conoscenti che lo circondavano e che partecipavano ai tanti ricevimenti che egli era solito tenere.
Eppure questa lettura frana di fronte ad uno spettacolo che è molto di più di una semplice bizza satirica. Il grottesco lo spaventoso sono elementi resi in una scenografia consapevole di esprimere anche una riflessione sull’alterità del brutto. Una “frustata” creativa che porta in giardino il dolore del mondo.
Il giardino di Palagonia è un luogo di ombre, fantasie e spettri che la pietra e le piante alloggiano ed esaltano nel diradar di luce e rumori. Questo ho tratto dalla fotografia di Federico: oggi il posto osservato con Google Earth e Flickr è profondamente cambiato: tutto appare più pulito e rado: l’emozione colta negli scatti di Scianna, dispersa.
E’ tempo di visitarlo: prima o poi lo farò!
Un saluto grande 🙂
Ne ho sentito molto parlare, ma non la conosco. Le sculture bizzarre mi ricordano il Sacro Bosco di Bomarzo (VT), lo conosci?
Buona serata, Annarita
@ annarita:
Ciao Annarita, ti confesso la mia ignoranza su Bomarzo. Lo conosco ma non ho mai approfondito: a pelle quei mostri mi piacciono meno 🙂
Se un giorno andrete a visitare i bellissimi “mostri” di Villa Palagonia vi sorprenderanno ancora di piú i brutti mostri, quelli veri, che ci sono attorno. Preferisco non sapere quello che fu la Villa, e soprattutto il giardino, in tempi di maggiore splendore.
Ho visto turisti un pó perplessi, scendere dal pullmann, e avere la faccia di chi si sta chiedendo: “ma la villa é proprio qui”? E’ un problema di contesto: per poterne godere a pieno il bello deve essere circondato dal bello .
A pochi metri di fronte se riuscirete a scorgerle ci sono due ville anche loro bellissime. E pensare che il tutto potrebbe essere collegato e sostenuto da un parco (e non da un parcheggio!). Si potrebbe respirare un’aria d’altri tempi, raffinata, poetica. Utopie.