Eccomi, sono un Garden Coach!
Alè signori: ultimamante mi trovate sotto il marchio Paolo Tasini-Garden Coaching!
Così scrivono riviste autorevoli (senza far nomi: l’ultimo numero di VilleGiardini) che mi associano a professionisti famosi (sempre senza far nomi: Paolo Pejrone).
Allora ringrazio gli americani per la definizione e la rivista VilleGiardini per la citazione anche se, prima o poi (è una minaccia) scoverò un’espressione autarchica che mi soddisfi più del mio vecchio giardiniere allenatore (Archiniere Cat qui serve la tua fantasia!).
Per il momento accettiamo Garden Coach. Garden Coach per sottolineare come il lavoro si concentri maggiormente sulla crescita “giardiniera” rispetto al risultato del giardino in sè per sè.
Continuando l’esterofilia cito Jack McKinnon nel suo Helping people become better gardeners
My mission is to teach my clients how to be better gardeners. I comfort the worried, ease the burden of indecision, which often stops us working on the garden, and I lighten the tasks entailed in good horticultural practices.
Tradotto:
Il mio obbiettivo è insegnare ai miei clienti come essere migliori giardinieri. Ascolto le preoccupazioni, dipano le incertezze che spesso inchiodano il lavoro e illustro le mansioni richieste nelle buone pratiche orticole.
Ecco questa è la base: poi si ha bisogno di stare sul posto, di osservare, di prendere quel non so che in grado di attivare le proprie risorse e far sì che pietre legni piante acque e ghiaie si dispongano in un qualche ordine generato dalla relazione con il cliente/giardiniere. Per procedere si ha bisogno di sentire tutte le persone legate al luogo, lavorare assieme il più possibile, trovare sintonie, complicità…
Come in tutte le relazioni umane può capitare di scoprire sensibilità diverse, anche contrapposte, ecco che allora vale la pena fermarsi e riflettere….
Il rapporto con le persone è il centro del lavoro: l’impegno non è tanto finalizzato alla consegna di un oggetto giardino quanto a dar corpo ad un tempo “formativo” ad hoc, speso assieme, costruito su misura per quella persona, per quell’aspirante giardiniere, figura unica col suo carattere, il suo senso estetico, le sue manie, passioni, la sua voglia di viversi il giardino e di renderlo proprio con le proprie mani… Una formazione attiva, che usa parole e azioni, conoscenze e manualità, sfatando quel mito di giardiniere chiuso e musone che col cavolo ti dice come si fa la cosa che fa…
Ciò che si lascia è uno spazio trasformato all’interno di una relazione: il gusto, il taglio del giardino è totalmente mediato dal rapporto con il committente. Questo dal punto di vista professionale non vuol dire annullarsi, ma piuttosto incontrarsi: ognuno con la propria visione, le piante amate, le fantasie cromatiche e cosa più importante: i desideri.
Vorrei vorrei vorrei sarà allora un proviamo proviamo proviamo e chissà che la soddisfazione che ci verrà non sia anche uno stimolo, un segno estetico, per i nostri vicini, prossimi e lontani…
Un saluto grande 🙂
Vuoi dire che “frequento” un garden coach e non lo sapevo…???!!!
Dio che emozione!
Cinzia
No no no, non “giardiniere allenatore” ma “allenamento del giardino”, il che ha ancora meno significato. 😦
Ma, al di là dei titoli e delle onoreficenze (passione credo molto italiana), complimenti per l’attestazione che rimarca la sua competenza e professionalità.
Cordiali saluti
Giovanni
… che titolo mi posso mettere? Ah, sì, web surfer 🙂
Complimenti!!! Comunque già ti conoscevo di fama per quell’articolo su Villaegiardini. Nel mio blog (sono agli inizi) avevo già pubblicato quell’articolo su di te e su Silvia Vigè.
Giacomo.
al di là delle onorificenze..è essenziale aver creato un sito stimolante ed aggregante!
Gentile Paolo,
come ebbi modo di dirle in sogno, Garden Coach è intraducibile, per lo stesso motivo per cui non vanno tradotti Pizza e Spaghetti. E’ una definizione americana, e visto che di là adesso c’è l’Obama, dovrebbe andarne fiero.
Ma se proprio il termine le si strozza in gola, allora le suggerisco qualche amicizia fra i latinisti, visto che quella è la lingua delle piante.
In questa ricerca sono sufficientemente ignorante da non poterla seguire, anche se la diffido dall’uso di parole quali caesar o conducator.
Una fusa grande (e tanti marroni)
@ Gatto Silvestre:
Caro Silvestre che dire: accetto il suggerimento e… la risposta in sogno 🙂
Un super benvenuti invece a tutti i blogger giardinieri che non conoscevo: stiamo crescendo ragazzi e bisogna farsi sentire. 🙂
Un suggerimento: segnalatevi su Blotanical il sito che raggruppa garden Blogger da tutto il mondo: è una miniera di informazioni!!!
http://www.blotanical.com/
sono una giardiniera stanca, dopo 12 anni ho lasciato il giardino dove lavoravo,ora mi occupo solo del mio ,ma non si vive di solo amore e allora ho pensato e se facessi la garden coack? ma come si fà per diventarlo?
Ciao Marina
che dire: tutta da inventare è la strada del Garden Coach. E’ un modo di lavorare che ha preso piede negli Stati Uniti. Questo il link al sito che raccoglie i riferimenti dei più attivi
http://www.sustainable-gardening.com/coach/directory.html
Gentile Paolo,
da quando frequenta quella gentaglia di VilleGiardini lei non è più lo stesso. Se vuole davvero fare il Garden Coach impari a fare la prima cosa richiesta: dare consigli.
Si fa così:
“Dunque, Marina. Data la sua dodecennale esperienza, lei non deve ‘diventare’ una garden coach, perché già lo è. Faccia sapere in giro che ci sa fare e che con 50-100 euro all’ora (dipende dal coraggio o dalla necessità) lei è in grado di risolvere qualsiasi problema. E si faccia pagare anche le mezzore e le frazioni d’ora, e sempre in contanti e mai con bonifico, che altrimenti mi divenata nervosa come il suo (ex) collega Silvio.”
Ok Paolo?
Adesso vada a riposarsi e non pensi a Gardenia, nè a mettere cartelli in giro (che pur son belli, eh, non scherziamo!)
GS
ciao e grazie a paolo e a gs per i consigli
è vero come dice silvestre sono già una garden c.,ma quì in maremma l’è dura,cercherò di tirare fuori tutto il coraggio volontà e pazienza che il lavoro con il regno verde mi ha donato.
mi è simpatico gatto silvestre
ciao Marina, ha perfettamente ragione GS. Tu sei già una garden coach, non importa le tue conoscenze o la tua esperienza, l’importante è agguantare la fiducia del cliente, una bella immagine commerciale magari sul web e poi spara. Spara e spara alto che a calare si fa sempre in tempo. Già essere garden coach e non giardiniere ti permette di aumentare le tariffe del 50, un book multimediale e un pò di referenze che contano e il gioco è fatto. Certo che la maremma non è il target ideale; lì la campagna la conoscono ancora non provare a piazzare dei tarasacchi perchè ti corrono dietro. Volevo raccontarti un aneddoto che mi è capitato: mi chiamano a sistemare un’impianto d’irrigazione di un prato che non voleva nascere. sistemo il mio impianto e rimango ad ascoltare un guru dei prati interpellato il quale sentenzia che il terreno è argilloso-limoso( boh? ) in una zona ( ravenna ) dove la terra è burro e come soluzione del problema fa seminare del cynodon in purezza dopo aver cosparso( fatto cospargere) 150 metri quadrati di terreno con nove tonnellate di sabbia dell’adige fatta arrivare in bag. Ha fatto concimare con azoto a luglio e fa bagnare il prato quattro volte al giorno anche alle tre del pomeriggio. Considerato che la ditta per cui lavora questo tecnico viene pubblicizzata su qualche rivista che facciamo lo arruoliamo nei “garden coach”. Marina io non ti conosco e, al di là degli scherzi, io non mi permetto assolutamente di discutere le tue conoscenze, l’unico consiglio che mi permetto di darti è di metterci quell’onestà che richiede un mondo così vasto e vario. Per concludere posso solo confermare le parole di GS la tariffa lasciala a 100 euro altrimenti perdi in credibilità e fai lavorare noi a 20 euro che tanto ci siamo abituati.
ciao 🙂
ciao silvio,va bene ho capito il messaggio, anche io ho lavorato per 20 euro e anche per meno,sono 25 anni che vivo in maremma e non ho intenzione di lavorare per maremmani con i quali ho collaborato in passato e ho potuto scoprirne pregi e difetti. Ho inziato la mia avventura campestre occupandomi di orticultura bio, sono cresciuta come giardiniere lavorando per un paesaggista inglese che vive qui e ho continuato a occuparmi come già detto per 12 anni in un giardino di altri inglesi dai quali sono molto apprezzata. Ora non sò se riuscirò mai ad essere una garden c. come posso spiegare ai clienti che tante delle mie conoscenze mi sono state trasmesse direttamente dalle piante e da tutto quello che c’è intorno a loro? Ho paura di non essere abbastanza intellettuale e vendermi non è mai stato il mio forte. Comunque ringrazio ancora silvestre per l’incoraggimento.
Volevo iniziare con un: “Eccolo là, il terzino a gamba tesa. Ma in estate non dovrebbe riposarsi?” Invece siamo già oltre, e davanti c’è un breve bel ritratto di giardiniere, di quelli che tanto piacciono (o piacevano, o piacerebbero) al nostro capoPaolo.
Come Silvio, anch’io non la conosco, Marina. Ma, non so perchè, m’è sembrato di intuire abbastanza facilmente il suo temperamento in quelle tre righe. M’è parsa, insomma, una persona ben piantata per terra, magari anche un po’ troppo, di quelle che si guadagnano il pane vendendo l’arrosto e non il fumo (tranquilla: i luoghi comuni sono finiti).
In fin dei conti, io di donne-giardiniere non ne conosco moltissime, a parte Gertrude Jekill e Vita Sackville-West (non posso fare nomi di persone reali, altrimenti mi tocca costringere Silvio a spiegare un’altra volta a tutti che le cose che so le ho solo lette sui libri).
E’ del tutto evidente, quindi, che lei sia una donna competente, abituata ad un lavoro onesto e pertanto intrinsecamente onesta, e che pertanto il mio consiglio, rivolto a lei e non in generale a tutti gli aspiranti garden coach, non correva il rischio di incentivare le velleità di un’incompetente.
Suggerire a qualcuno come fare un giardino, che errori evitare, quali piante scegliere o dove comprarle, accompagnarlo in vivaio o in visita a un giardino, dar pareri su una foglia malata o su un libro da leggere vale, per me, ben più di cento euro l’ora, ed è cosa tutt’affatto diversa dal mestiere di giardiniere puro.
Lo capirà facendolo, Marina, che 80-100 euro l’ora sono pochi, o perlomeno giusti.
Ma se riterrà di chiedere di meno, si ricordi, e se lo ricordi anche Silvio (occorre sempre tranquillizzarlo, ‘sto ragazzo.. 🙂 ), che davvero il denaro non è una misura del valore. Un sacco di grandi uomini (o donne), hanno avuto problemi con esso, facendosi pagare molto al di sotto del loro talento.
Uno di questi è stato Russell Page…
Buon lavoro, Marina
buon lavoro marina, il denaro non sarà la misura del tuo valore ma sicuramente la misura della qualità di vita. Mi inalbero quando leggo che consigliare un libro vale 100 euro e stare a potare su un albero 25. Mi inchino all’evidenza .
GS volevo farle notare una cosa che i grandi parchi che spesso citiamo sono, nel tempo, figli essenzialmente di bravi manutentori piuttosto che di progetti che dopo anche solo 50 anni si perdono nell’evoluzione stessa del parco. quando in un giardino di Page vedo una bellissima thumbergia in fiore penso alla occulata scelta del concime per ottenere quei risultati.
ciao
ciao silvio, è molto difficile parlare di soldi ,
sono una giardiniera per cui capisco benissimo il tuo punto di vista conosco la fatica del lavoro(anche se io come donna ho sempre avuto degli aiutanti uomini per i lavori più duri),però penso anche che a un certo punto l’esperienza vada ricompensata soprattutto se una bella gavetta è stata fatta, la vita è mutamento, crescita.ma a te silvio scusa se mi permetto non ti piacerebbe fare il garden coack?
vi voglio già bene a tutti
Lei pensa all’oculata scelta del concime, Silvio, io alla buona idea di Page, all’affetto di chi c’è passato accanto a quella pianta, alla benevolenza dei temporali e delle bufere di vento e della Natura in genere e, (ovviamente) alla pazienza di chi ne ha avuto cura. Metto tutto sullo stesso piano, perché credo che un buon concime su una stronzata di Page (mi scusi per la parola concime) sono soldi sprecati, tanto quanto mettere una Thunbergia (quale?) strepitosa e poi non bagnarla perché il giardiniere non ha l’occhio pronto come il suo.
In quanto al libro. Lei come sempre ama mandare a monte la partita perché non trova l’asso, Silvio. Suggerire una buona lettura è “uno” dei vari compiti di un garden coach. Tuttavia, se lei crede che suggerire ad un cliente ignorante patocco un libro come “L’educazione di un giardiniere” o “Robinson in città” o una semplice guida sul giardino giapponese non valga molto di più di 100 euro, allora è giusto che continui a fare il bravo giardiniere.
E non s’inalberi, che poi le si blocca la schiena e non può più fare tree climbing.
PS: ho dimenticato un po’ di pallini sorridenti, ma volendo si possono anche non mettere.
i pallini sorridenti sono semi… chiunque li semini, nasceranno consapevolezze. Quella del buon fare e quella del buon scoprire. Ma l’amore non è bello se non è litigarello… o no?
GS lei crede seriamente che consigliare un libro valga 100 euro?
se il libro fa schifo poi restituisce l’importo?
se mi è piaciuto il giusto facciamo 50 e50?
ho appena consigliato una siepe di ligustro ovalifolia, non mi ha pagato per il progetto magari se gli consigliavo del raphiolepsis o del vitex agno-castus magari anticipato da “buon giorno sono il Dottor ……” qualcosa cuccavo?
Fare il giardiniere è uno dei mestieri più belli ma è anche uno dei mestieri più faticosi e dopo, ad esempio, aver vangato per otto ore per 200 euro arriva il garden coach che propone la bibbia del giardiniere per 100 euro a me …
… ma perchè con un attimino di umiltà non riduciamo il gap tra chi si avvale (non sempre con perizia) del cervello per lavorare e chi invece usa le mani (anche quì non sempre con perizia). Vi sono persone colte tra operai che semplicemente non hanno potuto accedere a studi e quindi non possono fregiarsi di titoli ma hanno svolto e svolgono lavori con assoluta perizia (in ogni campo).
Mi piacerebbe fare il garden coach? Cosa significa? Fare meno fatica… incassare di più……. se la mettiamo su questo piano certo ma non ammantiamo con il valore propedeutico di un garden coach. Il garden coach in fondo è un giardiniere a fine carriera che non ha più voglia di sudare ma ha voglia di chiacchierare e possibilmente di essere pagato lo stesso, cosa del tutto lecita e capibilissima.
Lo stesso Paolo, molto preparato sulle piante( avanzo un caffè 😉 ), usa il mondo verde come veicolo per lo studio delle relazioni delle persone e il suo blog ne è l’esempio più lampante. Ed a ulteriore sigillo delle parole che ho scritto sei proprio tu Marina quando dici sono una giardiniera stanca ……
Con questo sono stanco anch’io, vado a studiare Fukuoka che vorrei riaprire il discorso con GS.
CIAO
aiuto silvio, fare il giardiniere ti ha reso più acido delle acidofile che ti piacciono tanto. sì forse leggere “la rivoluzione del filo di paglia”(credo si chiami così…l’avevo letto a inizio carriera..)ti farà bene magari accompagnato da una tisana rilassante che sei stanco.non volermene ma questo è quello che mi hanno ispirato le tue parole. buonanotte
scusa silvio ,mi sono pentita di quello che ho scritto ,non ti conosco e non dovevo permettermi.è il tono che c’è dietro le tue parole ,che anche se sono giuste, mi infastidisce un pochino ,è qual’cosa che sento ma non so spiegare.
Marina non mi hai offeso quindi ti puoi permettere di esprimere anche il tuo stato d’animo nei confronti di ciò che ho scritto.
Studiare Fukuoka fa bene a tutti, quindi anche a Silvio. Anche perché l’altra volta lei mi ha bacchettato ingiustamente, quando parlai del grande giapponese (il metodo che avevo descritto per tenere soffice il terreno era giusto, ma pazienza…). Avrebbe dovuto invece correggermi su un’altra cosa: la copertura “verde”, da togliere al momento di riseminare, non va fatta con la rucola ma con la senape. Mi tradì il fatto che, assaggiandola, quest’ultima avesse il sapore della rucola, ma più intenso. La memoria dei sensi aveva semplicemente vinto su quella razionale.
In ogni caso, Silvio, queste cose purtroppo le vedo fare agli altri. Non è proprio come leggerle solo sui libri, ma ci si va vicino. E il dispiacere non è tanto di farsi rampognare da lei, ma quello di avere solo un piccolo orto in affitto, dove ho solo iniziato a pacciamare con l’erba sfalciata e a piantare carote, cipolle e tagete da vicino. Proprio l’abc, insomma.
Se lei mi avesse consigliato la lettura del libro citato da Marina, altro che 100 euro! Le sarei stato riconoscente tutta la vita, e a ogni fetta di bio-zucchina fritta del mio orto le avrei rivolto un pensiero di gratitudine. Perché è chiaro che quella cifra è solo una metafora, e che il dono di una buona idea o di una visione delle cose non ha un effettivo controvalore. Come non ha valore di mercato mangiare il tarassaco del proprio campo e il pomo del proprio frutteto. Io spero che qualcuno le abbia messo sotto l’albero un buon libro, in passato, e che possa capire quello che intendo dire.
Se non le è mai successo, pazienza. Lo faccia lei. Un paio d’orecchie che non vogliono ascoltare solo lame di rasaerba magari le trova anche fra le sue conoscenze. Capace la persona che le porta di apprezzare il gesto (e il libro) così tanto da richiamarla anche solo per fare due chiacchiere e bere insieme una tazza di tisana (che è la massima espressione del garden coach). E se questo non dovesse succedere, pazienza. La tisana la prenda lo stesso, perché Marina ha ragione…
(Dove mettiamo i pallini, Emanuela?)