Definire la selvatichezza
Uso questi stupendi scatti di Luigi Dorigo appassionato fotografo a cui va tutto il mio personale apprezzamento, come nota a margine nel proporvi altri pensieri che vado facendo intorno alla selvatichezza. Io, ad oggi, lontano dai dizionari, la selvatichezza la vedo così:
Selvatichezza come radice che affonda nell’istinto e permette la crescita vigorosa, capace di esplorare, di sentire e di godere quella comunione della vita che è il fondamento dell’esistenza. Selvatichezza come durezza, durezza di un conflitto, tra moltitudini di esseri tesi alla loro espressione anche a costo, a sacrificio, l’uno delle altro.
Tra terra e cielo selvatichezza come presupposto fertile alla domanda: cosa è, e per dove, tutto questo muover di sangue e di linfa? Infine selvatichezza come condizione propizia all’incanto: pur non sapendo, pur soffrendo, si può non gioire di fronte alla bellezza del mondo?
Carissimi, confesso il desiderio dei vs. contributi 🙂 . Cosa è per voi la selvatichezza?
Il termine selvatichezza – non so spiegare esattamente il perchè – lo associo a un senso solitario dell’esistenza, un modus vivendi appartato, più a contatto con il mondo naturale che con il mondo degli umani.
A tale proposito mi sono ricordata di un vecchio, splendido film di A. Kurosawa ‘ Dersu Uzala ‘ in cui il protagonista vive in tale simbiosi con la dura realtà della taiga fino a percepire se stesso come albero, uccello, vento, neve…
Integrazione perfetta, perfetta lieta selvatichezza.
Un caro saluto Luciana
selvatico è anche colui che spara a un daino.
Con la nuova legge sulla caccia, sarà tutto più… libero! Attenti a voi, giardinieri selvatici 😉
Cara Luciana, che bella la figura di Dersu!
Grazie di averla proposta. Il suo ritratto è un’ottima risposta al tema della violenza. Nella taiga di Dersu uccidere è necessario nella misura della sopravvivenza, nulla più, uccidere è sempre e comunque un gesto d’offesa che va meditato e ricucito (per libere associazioni mi viene in mente, nel capolavoro di Hayao Miyazaki la Principessa Mononoke, l’uccisione del demone della foresta ad opera del Principe Ashitaka e il conseguente lavoro di “riparazione” ). Sono rappresentazioni lontane miglia e miglia dal piacere, del gusto del sangue, del morso: lontane lontanissime da quello zio Ike, icona occidentale del cacciatore di cui già vi ho parlato… Medita Silvio 🙂
https://attraversogiardini.it/2007/08/09/zio-ike-e-lady-tottington/
anch’io ho una proposta: Mauro Corona e il suo stile di vita.
Caro Paolo, non mi azzardo con le definizioni -tanto meno di fronte a una bella e impegnativa come la tua 🙂
Però lascio qui un’osservazione banale, una semplice opinione. Ovvero: che tutto questo nostro attuale penchant verso la selvatichezza (sì, anche mio) sia -come dire?- assai “storicamente determinato”.
“La civiltà delle buone maniere” è andata avanzando sino ad occupare tutta la scena e il “lato selvatico” s’è andato perdendo. Mai come ora i nostri figli disconoscono i più elementari processi che collegano una pianta nel campo a quel che hanno nel piatto: viviamo una condizione alienata bella e buona. Periodicamente ci troviamo a percepire non tanto la “selvatichezza”, ma questo iato, che ci coglie di sopresa, con un soprassalto. E proviamo nostalgia di quello che ora ci sembra -sottolineo, ci sembra- un paradiso perduto.
(E’ la fiera delle virgolette, questo commento) 🙂
a me piace molto il binomio selvatico=spontaneo.
non è difficile “gioire di fronte alla bellezza del mondo” senza abbandonare, ogni tanto e con coscienza ;-), le buone maniere?
cat
ps: Paolo il tuo sito manda in tilt il mio antivirus!!! specialmente le parole “linkate”!
@Silvio
di Mauro Corona ho letto e apprezzato le Voci del Bosco
http://www.italialibri.net/opere/vocidelbosco.html
Condivido 🙂
@Equipaje
Io la selvatichezza la vedo come una risorsa da riscoprire, un qualcosa che abbiamo come istinto animale che ci chiama alla natura, al fare con essa. Certo il luccicante mondo delle cose in vendita ha conquistato il cuore dei più e la natura è trasformata in un prodotto da banco tra i tanti, categoria benessere e bellezza. Eppure, eppure… 🙂
@Cat
Sono d’accordo nel dire che selvatico non è opposto a ben educato.
Per i virus ha appena fatto girare McAfee e come puoi vedere al link qui sotto tutto pare OK. Sperem!
http://www.siteadvisor.com/sites/attraversogiardini.it
non sono d’accordo con Cat. Selvatico è istinto, sopravvivenza, ricerca dei beni primari. Dal momento che si parla di educazione, buona o cattiva, vi è un appropriarsi di regole già scritte. L’educazione in quanto tale è già innaturale, il nostro anelito al selvatico è il lusso degli uomini.
Tra l’altro la definizione di selvatichezza è: ritrosia, scontrosità, rozzezza e rusticità che mi sembra un ossimoro con lieta.
silvio: e la lievità dei fiori selvatici/spontanei?
e la rigida educazione dei piccoli lupi in un branco (non mi veniva in mente niente di più selvatico)?
Secondo me anzi, selvatico implica un rispetto ancora maggiore delle regole, magari non proprio le stesse regole della civile società.
cordialità cat (visto che saluto poco selvatico?!)
Io considero la selvatichezza come una mia parte privata collegata ad un giardino dei ricordi a cui attingere per tollerare meglio le regole ed il cosiddetto vivere civile della città
ops! voleva essere un levità…questi pasticcieri…