Meditazioni ecologiche

Ho trovato questo gustosissimo brano in un libro argentino. Lo dedico a Silvio. Spero che la traduzione sia corretta… 😉

da “Un tal Lucas” di Julio Cortázar

LUCAS e le sue meditazioni ecologiche

In quest’epoca di ritorno scompigliato e turistico alla Natura, nella quale i cittadini pensano alla vita contadina come Rousseau pensava al buon selvaggio, solidarizzo più che mai con:

a- Max Jacob, che in risposta ad un invito per passare il fine settimana in campagna, disse, tra lo stupefatto e l’atterrito: “ La campagna… quel luogo dove i polli camminano crudi?”

b- il Dott. Johnson, che a metà di una passeggiata nel parco Greenwich, espresse energicamente la sua preferenza per Fleet Street.

c- Baudelaire, che portò l’amore per ciò che è artificiale addirittura fino alla definizione di paradiso.

Un paesaggio, un sentiero nel bosco, il salto di una cascata, un percorso tra le roccie, ci possono soddisfare esteticamente soltanto se abbiamo assicurato il ritorno a casa o in hotel, la doccia comoda, la cena, il vino, le chiacchiere a tavola, il libro o le lettere, l’erotismo, che tutto riassume e tutto fa ripartire.

Diffido degli ammiratori della natura che ogni tanto scendono dall’ auto per contemplare il panorama e fare cinque o sei salti tra i sassi; in quanto agli altri, quei boy-scouts vitalizi che hanno l’abitudine di vagabondare sotto enormi zaini e barbe esagerate, le loro reazioni sono assolutamente monosillabiche o esclamative. Tutto infine si riduce nel fermarsi  prima o poi come stupidi davanti a una collina o a un tramonto , che poi sono le cose più ripetitive che si possono immaginare.

I civilizzati mentono quando cadono in deliquio bucolico; se alle sette e mezza di sera gli manca lo Scotch con ghiaccio, malediranno il momento in cui abbandonarono la casa per venire a soffrire tafani, insolazioni e spine; in quanto ai più vicini alla natura, sono stupidi come quella.

Un libro, una commedia, una musica non hanno bisogno di ritorno o di doccia. E’ là dove raggiungiamo il massimo per ogni cosa che siamo il massimo di ciò che possiamo essere. Quello che cerca l’intellettuale o l’artista che si rifugia in campagna è tranquillità, lattuga fresca e aria ossigenata. Con la natura che lo circonda da tutti i lati, lui legge o dipinge o scrive sotto una perfetta illuminazione in una stanza ben orientata. Se esce a passeggio, o si trattiene a guardare gli animali o le nubi, è perché si è stancato del suo lavoro o del suo ozio. Non fidatevi, cari, di una contemplazione assorta di un tulipano, quando chi contempla è un intellettuale. Quello che vedete è tulipano + distrazione, o tulipano + meditazione (quasi mai sopra il tulipano). Mai troverà uno scenario naturale che resista più di cinque minuti a una contemplazione affrettata e in cambio sentirà fermarsi il tempo nella lettura di Teocrito o di Keats, soprattutto nei passaggi dove appaiono scenari naturali.

Sì, Max Jacob aveva ragione: i polli, cotti.

Comments
22 Responses to “Meditazioni ecologiche”
  1. equipaje ha detto:

    Grazie per averlo ripescato!
    La traduzione è pressoché perfetta (c’è solo da sistemare un nunca verso la fine), ma -chissà perché- Cortázar tradotto perde sempre un po’ quella sua incontenibile vena ironica. Un link all’originale, magari?
    Besos 😉

  2. Paolo ha detto:

    Non so se sono iscritto alla categoria boy-scout vitalizi o a quella dei civilizzati bucolici o come suggerisce Gatto Silvestre a quella casereccia dei neoselvatici…
    Certo per noi animali senza pelo la vita senza artificio/manufatto/pollo cotto è intollerabile e su questo non ci piove.

    Piove, da me diluvia, sull’idea povera che senza una natura, un filo d’erba, la vita nostra avrebbe altrimenti i suoi paradisi.

    Ottimo inserto Emanu 🙂

  3. emanu ha detto:

    Grazie Equipaje, corretto! Un tal Lucas è una delle lettura estiva del mio corso di castillano…

  4. gatto silvestre ha detto:

    … e così anche Silvio adesso ha il suo Manifesto Contro il Primo Paesaggio…
    E brava Emanuela: lo stavamo demolendo a colpi di Fukuoka-Clement & co. e lei gli fornisce un alibi culturale bello fresco! Ma con chi ha passato l’estate, coi Paghera?

    Anch’io, caro comandante P (auguri, tra l’altro…) non so a che definizione appartengo, ma i tramonti e i sassi me li guardo tutti, e tengo a bada la mia cattività come fosse una malattia.

    Non mi risulta invece che lei sia un animale senza pelo.

    Tante galline da uovo per tutti…

  5. silvio ha detto:

    Gs se le sue armi sono Fukuoka e Clement sono tranquillo. Non ha armi migliori di un microbiologo che risolve i problemi di desertificazione con palline di argilla e di un paesaggista che, per sua ammissione, predica bene e razzola male. Sarebbe meglio che badasse alla sua selvaticità che probabilmente si ferma a guardare i tramonti. Poi la sua definizione di animale col pelo è quella di uno che gira per boschi con le timberland e una oly al collo, così giusto per riposizionare i miei parametri di selvaticità.
    Emanuela hai perfettamente capito il mio pensiero. Quel racconto è la sintesi mia personale di un rancore, probabilmente ingiustificato ma sicuramente reale, per la filosofia della natura e sulla natura, per i boy scout dell’ultima ora e per i sacerdoti che continuano a pensare di fare piovere con la danza della pioggia senza sapere che pioverà quando ne avrà voglia.
    ancora grazie Emanuela 🙂

  6. gatto silvestre ha detto:

    La battuta sull’animale senza pelo, egregio Silvio, era un po’ troppo ermetica (quindi, lo ammetto, inutile), e si riferiva (ma lei non poteva saperlo) ad una caratteristica somatica del comandante, per come ho potuto accertarla l’unica volta che l’ho visto a torso nudo. In quanto al resto delle sue osservazioni, ammetto che l’ho provocata con del qualunquismo e con esso lei ha risposto, magari eccedendo nelle quantità.

    Capisco che dalla sua cella nella Scuola Agraria le cose possa soltanto immaginarsele, perciò non me la prendo quando ironizza sui tramonti e su una selvaticità (o selvatichezza) più intellettuale che pratica: lei è libero di credere alla malafede di chiunque, alla pochezza culturale e all’efficacia fumettistica di certi rimedi, all’ipocrisia e al malrazzolare nascosto dietro ad ogni buona intenzione.

    Visto che ci troviamo in appendice ad un post intitolato “Meditazioni ecologiche”, mi viene allora di far uso di una metafora evangelica per spiegare come la penso sul nostro approccio alla natura. Un biblista spiegava un giorno (era già qualche anno che avevo smesso di fare il chierichetto, quindi ero pronto a una versione diversa delle cose) che la faccenda del cammello e della cruna dell’ago andava rivista alla luce di una migliore interpretazione linguistica e intesa come una metafora della conversione. Diceva: “Il cammello non deve passare attraverso la cruna, ma cambiare il proprio orientamento a piccoli passi e con prudenza, come se dovesse girarsi su di essa (o su se stesso).

    Mi risulta che anche Gandhi, la cui forza di volontà era probabilmente superiore a quella di molti di noi, spesso dovette recedere da alcune scelte definitive, tornando a vecchi comportamenti per limitarli poi progressivamente, fino all’abbandono definitivo. Vale a dire che forse le trasformazioni più importanti si fanno un po’ alla volta, magari a costo di sembrare ridicoli o ingenui.

    Ecco perché preferisco affrontare il deserto cominciando da una pallina d’argilla.

  7. giovanni lami ha detto:

    sono vegetariano quindi niente polli. tantomeno cotti.

  8. silvio ha detto:

    Ogni piccolo passo nella direzione giusta è un miglioramento certo, e non sono certo io che posso valutare la bontà delle intenzioni di ciascuno. E a tal proposito cosa leggo oggi su un quotidiano? Un bellissimo articolo del dott. Peirone il quale dopo un pò di poesia sull’Olea fragrans ci consiglia su come diserbare in maniera ecologica, ossia utilizzando un telo di plastica che se posizionato sul terreno dopo averlo lavorato ( potrei ironizzare “dopo averlo fatto lavorare”) inibirebbe lo sviluppo delle erbe infestanti. Conclude parlando del successo di questa microeconomia che accompagnerà un futuro facile e sostenibile.
    ALLORA:
    – si è scordato di dire che il telo deve essere nero perchè se è trasparente conta come il due di coppe a scacchi.
    -l’agritelo nero si usa praticamente solo nei vivai perchè è persistente ed inibisce lo sviluppo di malerbe dove si ricoltiva della vasetteria.
    – nell’orto non si usa perchè dopo che lo togli e tempo 15 giorni e sei come prima e poi perchè o fai una fossa e lo interri nei bordi o la prima folata di vento lo vedi attaccato ai peschi del vicino.
    – data l’ampiezza normale di un orto ad uso privato nel tempo che fai tutta questa impalcatura te lo zappi (o lo fai zappare)
    – resta sottinteso che col costo della sola zappatura ti comperi 20 kg di pomodori biologici

    GS non discuto sulle intenzioni ma come passo verso l’ecosostenibilità mi sembra veramente molto piccolo se poi dietro ci mettiamo l’aurea di un garden coach di questa portata che ci illumina su un futuro radioso suggellato, penso, da un contratto col quotidiano in questione… mi concede un pò di scetticismo?
    Si ricorda quando discutevamo delle fatture e del valore di un buon consiglio…. se il dott. Peirone si è fatto, giustamente pagare per il suo articolo a chi mi devo rivolgere per avere quanto mi spetta per le mie altrettanto pertinenti correzioni?

    P.S. nella stessa pagina vi è un bellissimo articolo sull’utilizzo di varietà con albedo alta in modo da eliminare gli effetti dell’anidride carbonica prodotta dalla rivoluzione industriale ad oggi, peccato che con questo sistema ci voglia circa cent’anni per cui occorre un’altro metodo per debellare quella prodotta mentre si debellava quella precedente. Un’altro genio che ha trovato il sistema per sbarcare il lunario.

    Aspetto conforto.

  9. emanu ha detto:

    In un certo senso sono solidale. Oggi sembra più importante occupare spazi di visibilità con nomi importanti e con argomenti che acchiappano (etimologia: prendere per le chiappe) piuttosto che spiegare bene e precisare. (nel secondo caso citato, ad esempio si poteva precisare che l’investimento è per le generazioni future. E finalmente ci pensiamo!) C’è poi un problema tecnico: lo spazio è spazio, soprattutto su riviste e giornali e spesso i redattori tagliano e ricompongono… ma non hanno esperienza diretta. Riviste e giornali, lo sappiamo, lo spazio lo danno alla pubblicità che li fa vivere. D’altra parte anche gli autori, i redattori ecc. sono pagati poco e chi legge è spesso più interessato alle figure che ai testi, perché si fa meno fatica a guardare che a leggere. Sognare è più facile che zappare. Zappando e scavando però nell’enorme quantità di pubblicazioni, qualche cosa di buono si trova.
    Le ho dato conforto Silvio? Io credo che, se guardiamo il bicchiere dalla parte del mezzo pieno, possiamo vedere che ci sono anche un sacco di persone che cercano, studiano, approfondiscono, provano, sbagliano e riprovano, accettando di non sapere. Perché questo è profondamente vero: che appena abbiamo imparato una cosa, ne scopriamo un’altra che apre altri studi infiniti. Anche zappando la terra. Che bello che è: non c’è tempo di annoiarsi.

  10. rosmarina ha detto:

    Silvio,sul momento ho pensato:beh ti dovrebbe almeno confortare il fatto di essere così esperto da correggere Pejrone.
    Però riflettendoci mi sono detta: va bene il Giardiniere(come a lui piace farsi chiamare)Pejrone ha dimenticato di dire che il telo deve essere nero(ne esistono anche di verdi resistenti ai raggi solari e permeabili ad aria e acqua,oppure di biodegradabili fatti di mais,paglia,cocco etc.)in ogni modo il telo di plastica nero è una tecnica di pacciamatura usata negli orti per evitare le erbe infestanti,certo è che se oltre il diserbo si vuole anche migliorare il terreno bisogna eseguirla con materiale organico(sfalcio dell’erba,paglia etc.)che con la sua decomposizione lo arrichisce di sostanze nutritive.
    Poi no,propio no ad interrare la plastica che va portata in paese dove esistono contenitori appositi.
    A pagina 20 del libro di Pejrone “il vero giardiniere non si arrende” si parla della pacciamatura e non dice inesattezze ,non adirarti con lui se nella sua vita ha avuto fortuna ,ha incontrato le persone giuste ed è pure bravo nel suo lavoro.
    Silvio l’unico conforto te lo può dare l’abbandonare quel rancore.

  11. silvio ha detto:

    Rosmarina se nell’orto vuoi raccogliere qualcosa che non sia erba per conigli è meglio che l’erba tagliata la metti da un’altra parte. La plastica la devi interrare per non farla portare via dal vento sotto uno strato di dieci quindici centimetri di terra che poi togli quando togli il telo. La paciamatura è una tecnica agricola che ha diversi scopi e quindi tecniche per eseguirla.Non migliora il terreno dal punto di vista nutritivo perchè le sostanze organiche che tu metti in superficie si devono prima disgregarsi e poi mineralizzarsi chimicamente per poi raggiungere gli apparati radicali per essere assorbite dalle piante. Nessuna paciamatura fatta con paglia, sfalcio o qualsiasi materiale organico di questo tipo ha funzione diserbante. Mi correggo l’unica sostanza organica è la corteccia di pino, peraltro già in commercio, che determinando un ph molto basso inibisce lo sviluppo delle sementi delle malerbe ma solo se devono ancora nascere perchè se sono già germinate….ridiamo. Ti dò un consiglio: non confondere il diserbo con le concimazioni, sono due pratiche antitetiche con la prima si toglie con la seconda si apporta.
    A proposito il titolo esatto del libro è: IL VERO GIARDINIERE MUORE MA NON SI ARRENDE.
    ciao

  12. rosmarina ha detto:

    caro Silvio,mi fa piacere averti fatto ridere,allora un pò di conforto te l’ho dato anche io.
    vorrei precisare che per evitare di essere ripetitiva ho usato la parola diserbo invece di dire non avere erbe infestanti e,siccome stavo parlando con te,pensavo avresti capito ,invece mi accorgo che devo comportarmi come con quelli del primo banco.
    Stai tranquillo non confondo concimazione e diserbo come potrei io che passo buona parte delle mie giornate nell’orto e,della mia esperienza di pacciamatura ti voglio parlare: uso la rasatura del prato la uso quando è ancora verde e la spargo intorno alle piante e sopra i solchi in uno strato molto sottile perchè se è troppo compatto il passaggio dell’aria sarà impedito per cui il materiale marcirà anzichè decomporsi ,ovviamente lo strato dovrà essere rinnovato spesso ma ne vale veramente la pena perchè se il terreno rimane scoperto diventa duro e la vita in esso interrompe la sua attività e poi deve essere sarchiato spesso e sono necessarie innaffiature più frequenti .Sotto una copertura adeguata il terreno rimarrà fresco e sciolto,la vita delle piante troverà condizioni migliori,le erbacce saranno ostacolate nella loro crescita e gli ortaggi saranno puliti e asciutti .Questo materiale decomponendosi costituirà una lenta e duratura concimazione,ma è chiaro che non sostituisce una concimazione adeguata fatta al momento giusto.Funziona benissimo ,dimenticavo la rasatura del prato proveniente da terreni trattati con concimi chimici o erbicidi è da evitare.
    scusa per la plastica ma non avevo capito bene quello che volevi comunicare, è una tecnica che non ho mai usato ,non mi piace molto,ma in grandissimi orti è sempre meglio del diserbante chimico .
    che fatica,come sei faticoso Silvio,come zappare un orto non pacciamato a mezzogiorno d’agosto .ciao (non so mettere le faccine ma la metterei sorridente)

  13. silvio ha detto:

    Rosmarina quello che hai scritto la racconti ad una cena di fukuokani non lo raccontare a me ne a ortolani che ti guardano male.Partiamo dal fondo che col topino mi viene meglio : dello sfalcio di prato diserbato non puoi averlo perchè se lo diserbi non hai l’erba da tagliare;concimo il prato con della nitrophoska, non è che poi l’erba tagliata ha la nitrophoska al suo interno ma ha scisso gli elementi così come fa per un concime di origine naturale come il fertorganico. All’interno della piantina di festuca entrambi si trasformano in festuca stessa. Eventualmente il terreno, quello sì, potrebbe avere reazioni o residui diversi con diversi tipi di concime. La tecnica del telo nero si usa per piccoli pezzature; te lo immagini un telo di un ettaro steso per terra come farà a stare fermo. Torniamo alle tue parole: metti una strato sottile di erba perchè altrimenti non passa l’aria. Adesso non posso quantificare cosa intendi per sottile ma se non metti uno strato di due metri, sia che ne metti 5 o 10 o 20 cm l’aria passa, te lo giuro anche davanti ad un notaio. Ora ho bisogno dell’aiuto di qualcuno che mi dica l’esatta differenza tra marcire e decomporsi; l’unica che conosco è che le mele marciscono e i cadaveri si decompongono ma vedrai che il risultato finale non è dissimile( se non per l’anima: quella delle mele va in paradiso in trentino).Inoltre io non conosco la tua erba quanto impiega a decomporsi quindi a nutrire il tuo orto ma se la cambi spesso come dici, decompone da un’altra parte e a parte un pò di umidità cosa apporta al terreno? Pensa che chi produce materiale da decomposizione lo stocca per oltre un anno e usa degli accelleratori di decomposizione, per ottenere un prodotto spesso non immune da sementi sgradite o da patogeni da decomposizione. Dopo che ho letto il tuo post ho parlato con alcuni amici agricoltori ed ortolani i quali mi hanno confermato che mai si sognerebbero di mettere dell’erba appena tagliata nell’orto proprio per evitare che ti nasca tutto ciò che era in fiore quando la tagli e uno di loro è il presidente di una coop sociale che produce pomodori bio ed esegue anche lavori di giardinaggio per cui di erba da smaltire ne avrebbero. Il mondo è bello perchè c’è qualcuno che fa l’orto e qualcuno che scrive libri su come fare l’orto. Io quando sono andato a prendere la biro l’ho detto che volevo quella senza farletta ma mi hanno dato l’altra, pazienza.
    Rosmarina, il tuo orto fallo lo stesso come ti pare che tanto l’importante sono due pomodori gratinati o due belle melanzane alla piastra con un vermentino fresco e se hai la possibilità di fartele e di dedicarci del tempo va benissimo( anzi c’ho un pò di invidia).
    Buona sera.

  14. gatto silvestre ha detto:

    Giust’appunto, Silvio: ma lei ce l’ha un giardino. O un orto?
    Che dopo parliamo.

  15. silvio ha detto:

    Ok Ok non ho ne un orto ne un giardino… torno in ultimo banco ad ascoltare 😈

  16. rosmarina ha detto:

    Silvio lo sapevo che sarei entrata in una selva oscura e,ora che ci sono vorrei scappare via e tornare a fare la salsa con i miei pomodoro,sono più brava a fare che a spiegare e l’idea che mi era passata per la mente del garden coach l’ho abbandonata dopo che ho risposto in quel modo a Valeria.Proverò a risponderti sperando di essere più chiara ,mi è capitato di vedere dei giardinieri che usavano il disarbante per uccidere delle erbe indesiderate nel pratino ,se si fa un orto biologico non ha senso usare cose provenienti da colture chimiche ,è vero che l’erba del prato concimata chimicamente non ha nel suo interno il concime chimico ma le pante trattate così sono più deboli quindi più attaccabili dai parassiti ,la pacciamatura come ti ho detto la faccio con l’erba del pratino tagliata ne faccio uno strato sottile e poi non è che la tolgo ma aggiungo altra erba della rasatura sucessiva .Marcire e decomporsi hanno lo stesso significato dovevo dire invece di marcire ammuffire formare funghi che si creerebbero in uno strato più spesso e compatto anche se un pò di aria continua a passare e decomporsi intendevo in maniera sana senza muffe ,del telo nero mi ha dato fastidio che hai accusato una persona non presente che non si poteva difendere.
    ora torno nell’orto che è il mio posto preferito per le meditazioni ecologiche ciao.

  17. rosmarina ha detto:

    Silvio avevo dimenticato di dire che l’erba del pratino non ha fiori quindi non ha semi ,con l’erba da smaltire i tuoi amici potrebbero farci il composto,ma forse non lo sanno fare .

  18. rosmarina ha detto:

    mi correggo su forse non lo sanno fare e dico ma lo sapranno fare?

  19. gatto silvestre ha detto:

    Bene. Adesso che è legato e imbavagliato, senta questo, Silvio. Alla domanda se ha o non ha un giardino lei aveva la grande occasione di rispondere: “Che c’entra! Mica occorre essere sposati per parlare di donne!” Avrebbe potuto citare il terrazzo di Pizzetti o il giardinetto di Page o il sudest asiatico di Salgari, e giù con altri utili luoghi comuni. Invece no.
    Perché lei sa di sbagliare e sa che prima o poi arriverà la punizione.
    Ogni tanto ho la sensazione che smettiamo improvvisamente di parlare di giardino per buttarsi in psicoterapia, con grande dissapore del Pilota (che però adesso ha altro cui pensare…).

    Sa cosa le dico? Se depurata dal rancore che lei in qualche modo ammette, una certa visione iconoclasta dei “maestri” del giardinaggio è condivisibile e utile, e aiuta a svelare l’incongruenza o l’ipocrisia nascosta dietro a certi fenomeni o personaggi. Se lei la tenesse a bada, questa cosa, sarebbe però più disposto a credere, senza battere i piedi di legno come Pinocchio, che davvero un paio di centimetri di erba sfalciata compiono tutte quelle funzioni che raccontava Rosmarina. Anch’io ho applicato questa tecnica elementare con successo e non capisco perché dovremmo perdere del tempo a farle credere una cosa non vera. Perché non si cerca un community garden così da eseguire dei test senza fare il negazionista a oltranza? A compensazione, le “concedo” di uscire per gli happy hour in compagnia di un/una guerrilla gardener: zero bonifici, ok, ma vuol mettere la soddisfazione di strappare i tarassachi di notte dalle rotonde per sostituirli con talee di azalea e araucarie in vaso 8?

    L’approccio al giardino che lei esprime, come buona parte dei suoi colleghi professionisti, l’ho percepita anche durante la visita all’ultimo Flormart.
    Qualcosa sta cambiando, “fra di voi”, ma resta la sensazione che il giardiniere dilettante oggi, pur molto più inesperto, abbia un’apertura, una sensibilità ecologica e un desiderio di cambiamento rispetto ai quali lei e i suoi colleghi siete molto più recalcitranti, spesso in maniera immotivata.

    In fin dei conti siete voi a occupare il primo banco.

    (Quindi occhio quando spara con la cerbottana, perché davanti ha solo il preside della Scuola Agraria o la lavagna)

    GS

  20. silvio ha detto:

    GS dov’era? mi stavo preoccupando anche perchè mi piace questa tenzone almeno finchè non trovo una guerrilla-gardener per strappar tarassacchi (poi quando siamo lì vediamo se possiamo fare qualcosa di meglio). Effettivamente alla domanda da Lei postami avrei potuto rispondere come mi consiglia, ma un buon scacchista non fa mai la mossa che il suo avversario si aspetta. Infatti io non ho ne un orto ne un giardino ma bensì un vivaio di produzione e coltivazione per 5/10000 piante. Se sugli aspetti tecnici siamo ognuno arroccato sulla sua maginot vorrei farle notare una cosa a chiarire la diversità di ottica con cui io e lei guardiamo le cose. Ha detto che è andato a Padova dove ha trovato nelle nuove leve fermenti di un diverso modo di concepire il verde. Io non sono andato a Padova ( anche perchè fra gli italiani ne conosco il 50%) e la cosa che noi vecchi abbiamo notato è che il mercato è fermo, i piazzali sono pieni, a Pistoia stanno svendendo e spesso mi arrivano offerte di stock… shok!. A lei questo può anche, giustamente non interessare, ma tutto ciò è per farle capire che possiamo parlare di ecosostenibilità, bio e di metodi alternativi ma se questi non li confrontiamo anche con una sostenibilità sociale vera rimangono chiacchiere circoscritte al singolo orto di ognuno. Crede che non si è cavalcato l’onda del: io voglio produrre erbacee perenni, io voglio importare la kinga, io faccio erbacee da fiore poi alla fine “scusi vorrei fare una siepe di lejlandi ne ha?” ? Certo, quanti ne vuole; sa che fatica per fare conoscere dei Carjopteris o dell’Escallonia o della Lonicera tatarica? Un ‘ultima cosa… Io col mio preside ci giocavo a tresette e vincevo.
    Buon sbarazzino a tutti. 🙂

  21. patrizia ha detto:

    Mi mettete quasi paura,con questa schermaglia intellettuale e graffiante sull’erbetta sfalciata.Però, …mi tornano in mente Bice Valori e Paolo Panelli .
    E se l’erbetta sfalciata e il parlar di giardinieri aumenta il QI?
    Accipicchia io mi tasserei per mandarne vagoni in Parlamento,insomma tonnellate di sfalcio rigorosamente autarchico e poi un bel convegno !
    STUDI SULLA RINASCITA DELL’ERBA E RELATIVO SVILUPPO CEREBRALE.
    (con simpatia)p

  22. gatto silvestre ha detto:

    Finché le capita un’icona con il cervello allo scoperto stia tranquilla che lo sviluppo del medesimo non avrà limiti, cara Patrizia….

    Non abbia paura dell’ambiente, dai. Qui non si lavora per questo, ma per aumentare il reddito del Maestro Giardiniere, il quale a Natale ha già detto che farà un bel libretto con tutta ‘sta schermaglia e lo regalerà agli amici in cambio di 10 euro.

    Ha capito Silvio? Ecco perché ero sparito: questioni di percentuale… Mica voglio essere costretto a vivere importando la kinga…

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