Simbionti, parassiti, meravigliosi testimoni

Torno al tema dei castagni di Poracento e in generale a tutte le piante secolari abbandonate, alberi un tempo accuditi e ora lasciati al loro destino. La loro natura a confine tra domestico e selvatico mi colpisce particolarmente come in questo fantastico ciliegio nel Parco dei Laghi di Suviana e Brasimone. Un groviglio di emozioni si affastellano, ma il tempo lavora e i sentimenti si affinano. Due in particolare voglio condividere.
Il primo è la consapevolezza che il nostro patto, il nostro centenario mutualismo, si è rotto. Questi esemplari sono testimoni di una cura che non c’è più, almeno non come abbiamo conosciuto per secoli attraverso i sesti matildici, l’uso del letame, le potature, il liberare dai parassiti, dai concorrenti. Alle volte come nel caso delle potature di Poranceto torniamo a queste piante abbagliati da un tornaconto a tempi stretti, magari sotto forma di un bel contributo pubblico: per questa strada il dio denaro ci ha trasformati da simbionti in parassiti.
Noi umani siamo una razza in grande tumulto, cambiare abitudini è una nostra prerogativa. Chi ci ha scelto come partner nella gara della vita forse non l’ha messo in conto. O forse sì, in qualche modo consapevoli che, magari con altri tempi e altri modi, tutto e tutti cambiano. Ho una curiosità: esisteranno funghi o batteri con un passato da simbionti e poi parassiti? Un sì non mi dispiacerebbe.
Il secondo sentimento è di ammirazione: queste forme vegetali hanno accompagnato decine di generazioni umane e complessivamente nella loro storia evolutiva, oltre a noi, si sono legate a una moltitudine di esseri viventi. Accanto a loro ci si sente comparse in un teatro che fatichiamo a comprendere nella sua grandiosità.
Testimone meravigliosa è la lunga vita di questi giganti.