Habitat e giardino

Ieri, spinto dalla lettura del bellissimo Garden Revolution: How Our Landscapes Can Be a Source of Environmental Change di Larry Weaner e Thomas Christopher, sono andato a riprendere in mano (quasi un bisogno di rassicurazione) i testi che uso per i miei approfondimenti sulla natura.

Al lavoro di Weaner in particolare dedicherò uno spazio a sè. Per il momento mi preme dire che la sua esperienza di giardiniere si basa su una conoscenza così approfondita degli habitat di natura americani, che a libro chiuso mi sono chiesto: e qui invece? E io?

Io come integro, valorizzo, l’immenso patrimonio di diversità che ho intorno a me?

img_20160410_160547In primo piano prateria umida sfalciata presso Oasi di Valle Santa – Valli di Campotto

In questi anni ho imparato ad apprezzare sempre più il lavoro comunitario Natura 2000 ovvero l’istituzione, nata nel 1992, di una rete di zone naturali protette dall’Unione Europea che tutela, attraverso la Direttiva Habitat, zone speciali di conservazione (ZSC- ex SIC) e attraverso la Direttiva Uccelli zone di protezione speciale a supporto delle rotte di migrazione dell’avifauna (ZPS).

La direttiva Habitat elenca circa 200 tipi di habitat e 700 specie vegetali e animali di importanza comunitaria. La direttiva Uccelli invece individua l’avifauna più vulnerabile i cui habitat vanno protetti.

L’idea è quella di una rete viva e dinamica a sostegno della biodiversità dell’ambiente in cui siamo. In Italia questo sistema di tutela si è sovrapposto in gran parte all’istituto storico dei Parchi. Natura 2000 ha un approccio moderno, di rete appunto, ed è oggetto di verifiche e procedure codificate e omogenee gestite dall’Unione Europea.

Vi allego qui il manuale_gestione_siti_natura2000 in versione italiana.

img_20160810_131750Arbusteti termo-mediterranei nell’Oasi di Seu (codice Habitat 5330) – Cabras

Sono tanti gli spunti operativi che noi giardinieri possiamo cogliere nella nostra pratica di lavoro. Innanzitutto la consapevolezza che anche semplici operazioni di manutenzione come un taglio erba hanno un impatto, un’incidenza importante sulla vita che il nostro giardino ospita o può ospitare. Altezza e fraquenza del taglio, tipo di macchina utilizzata devieranno in modo significativo l’evoluzione e la composizione delle erbacee del nostro prato.

Sarebbe una grande cosa poi avere sempre in mente nel lavorare, il concetto di habitat potenziale, ovvero ciò che la natura svilupperebbe se noi lasciassimo la presa. Più volte, parlando con colleghi, ho la sensazione che questi temi siano trattati con grande superficialità, a volte con fastidio.

pt-0520Ex prativo in area urbana (7 anni da ultimo sfalcio) – Bologna

Non voglio far coincidere il giardiniere con il naturalista, penso semplicemente che lavorare avendo cognizione della natura che ci circonda, dei suoi meccanismi, delle dinamiche, è uno strumento di consapevolezza (e quindi di scelta) imprescindibile.

L’ho scritto più volte: ridurre la nostra ricerca di bellezza al voler imporre agli ambienti le nostre ‘visioni’ di forme e colori è un’operazione in sè povera. Questo non vuol dire smettere di cercare in giardino la pittura, i volumi e le prospettive, ma di farlo attraverso la consapevolezza che questo nostro bisogno espressivo interagisce con una materia viva, con una sua identità, volontà, intelligenza di cui abbiamo scarsa conoscenza. Ed è proprio questa difficoltà a comprendere ciò su cui lavoriamo che rende l’operazione delicata ed appassionante.

Siamo dei tatuatori di pelli vegetali. Il nostro incidere è molto approssimativo e acquisire conoscenze in ambito naturalistico arricchisce di molto la nostra cassetta degli attrezzi.

Ok 2017 scarpette ai piedi e… Buone avventure.

img_20160904_164438In primo piano formazioni dicontinue semirupestri di erbe e suffrutici nei pressi di Monte delle Scalette (codice Habitat 6101) – Prato

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