Il giardino nel Corano e nelle Mille e una notte

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Articolo di studio

Anonimo, Il giardino della fedeltà , dipinto dal manoscritto Vaki’at-i Baburi, 1590 ca.

In questi giorni di conflitti di culture e di religioni ho voglia di parlarVi delle cose che ho studiato sulle rappresentazioni di giardino nel Corano e nelle Mille e una notte.
La mia riflessione parte dall’articolo Il giardino islamico come metafora del paradiso di Maria Jesus Ruberia Y Mata rintracciabile nel volume Il giardino islamico: architettura, natura, paesaggio a cura di Attilio Petruccioli, Milano, Electa, 1994.


Come molti sanno nella tradizione islamica grande enfasi è data ad un giardino promesso da Dio, un giardino per i giusti, un giardino ricompensa.

Desiderando approfondire il tema, vale la pena partire dalla fonte più autorevole, dal Corano naturalmente, dove testualmente si legge (Corano, XLVII, 15, trad. A. Bausani, Firenze, Sansoni, 1955)

….la descrizione del giardino che è stato promesso ai timorati di Dio è così: vi saranno fiumi di acqua incorruttibile, e fiumi di latte dal gusto immutabile, e fiumi di vino delizioso a chi beve, e fiumi di miele purissimo. Ed ivi essi godranno di ogni frutto, e del perdono ancora del signore.

La tradizione islamica coltiva un’idea di giardino come promessa da ricordare su questa terra. I giardini creati nel tempo (dalla cultura persiana in particolare) sono spazi di ordine e chiarezza, fatti per la contemplazione. Qui l’ordine cristallino induce alla speculazione, richiama, mai esaurisce, il piacere sensuale di cui si godrà appieno nella vita ultraterrena. Il giardino è, come nella tradizione cristiana, essenzialmente un simbolo del legame con il divino.

Herat, Humay e Humayun in un giardino, 1430 ca.

L’accento sull’aspetto del piacere, su una sorta di paradisus voluptatis, è molto forte nel Corano (Corano, LV, 61-77, trad. A. Bausani, Firenze, Sansoni, 1955)

…e, sotto, altri due giardini ancora, verdi, verdi cupissimi con due fontane, fontane sorgive copiosissime, e con frutti e con palme e con melograni, e fanciulle buone, e belle, dagli occhi grandi e neri, nelle loro tende racchiuse, mai prima toccate da ginn e da uomini; e vi staranno adagiate su verdi cuscini e tappeti splendidi.

E ancora (Corano, LVI, 11-33, trad. A. Bausani, Firenze, Sansoni, 1955)

“…su questi troni ornati di oro e di gemme adagiati, gli uni agli altri di fronte, e fra loro garzoni di eterna gioventù trascorreranno con coppi e bricchi e calici freschi e limpidissimi da’ quali non avranno emicrania né offuscamento di mente e frutti a piacere e a volontà carni delicate di uccelli e fanciulle da’ grandi occhi neri a somiglianza di perle nascoste nei gusci… Si aggireranno fra piante di loto senza spine e acacie copiose di rami e ombra ampia e acqua scorrente e frutti, molti, mai interrotti e mai proibiti, e alti giacigli

Ora permettetemi di passare dalle descrizioni del giardino riportate dal testo sacro della religione musulmana ad una presente in una delle massime produzioni letterarie della cultura araba, le Mille e una Notte. Nel racconto di Nur-al-Din e Maryam, la venditrice di cinture  il giovane Nur-al-Din è invitato, con alcuni amici, in un giardino molto particolare. Questa visita segna profondamente il ragazzo, che così descrive la sua visione.

Anonimo, Coppia in giardino, dipinto dal manoscritto Baghdad Tabriz

Era un giardino in cui c’era tutto quello che le anime desiderano. Era di solida costruzione e cinto da alte mura. Aveva un porticato con una porta celestiale che somigliava alla porta del paradiso e il suo portiere si chiamava Ridwan.

Nel giardino c’era ogni genere di frutti, arbusti profumati, verdure e piante aromatiche come gelsomino, fior di ligustro, pepe, lavanda, rose di ogni specie, piantaggine, mirto e tutte le qualità di arbusti aromatici. Era un giardino senza uguali, con l’aspetto di un pezzo di paradiso, e se qualcuno vi entrava indebolito ne usciva forte come un leone.

Nur-al-Din e un gruppo di suoi amici, dopo aver passeggiato fra queste meraviglie, sono accomodati e ristorati con le migliori carni. Terminati i banchetti, quasi a suggello, appaiono di fronte a loro fanciulle e vino; i ragazzi si abbandonano completamente al piacere. Nur-al-Din, a seguito di questa esperienza, inizia a desiderare piaceri terreni sempre maggiori e, a causa di ciò, subisce una durissima punizione dalla quale prende corpo la storia con Maryam, la venditrice di cinture.

Mi fermo qui per sottolineare la dimensione profondamente trasgressiva di questo spazio che Nur-al-Din con i suoi amici visita, ricordando che Nur-al-Din beve vino, Nur-al-Din ha rapporti carnali, Nur-al-Din mangia le migliori carni: Nur-al-Din ha in terra ciò che il Corano promette nella vita dell’aldilà.

È ancora la dimensione ultraterrena una delle chiavi di lettura, di senso di questa creazione letteraria. Grande è la punizione di Allah per chi vuole emulare e godere il paradiso coranico su questa terra. Grande è la punizione per i Nur-al-Din della storia. Il Corano (Corano, LXXXIX, 6-8, trad. A. Bausani, Firenze, Sansoni, 1955) lo dice in maniera non diretta alludendo, in un suo passo, alla distruzione delle colonne di Iram:

Non hai visto cosa ha fatto il Signore della gente di ‘Ad a Iram dalle alte colonne, che non aveva pari su tutta la terra?

Il motivo di questa distruzione divina ad ‘Ad a Iram e il senso del divieto a noi esseri umani Nur-al-Din, lo prendo a prestito dallo storico del XII secolo Abu Amid di Granata ( M. J. Ruberia Y Mata, L’immaginario e l’architettura nella letteratura araba medioevale, Marietti, Genova, 1990, p. 34)

Al-Shubì, nel suo libro sulla vita dei Re, racconta che Shaddad ibn’Ad era Re del mondo, che il suo popolo era quello di ‘Ad il Primitivo e che Allah aveva dotato quelle genti di eccezionali forze fisiche per renderle più forti di noi… Allah li mandò dal profeta Hud- la pace sia con lui- perché li persuadesse ad obbedirlo e servirlo. E Shaddad gli disse: “Se io credo nel tuo Dio, cosa otterrò?” Hud rispose: “Nell’aldilà egli ti darà la vita eterna in un giardino del paradiso con castelli di oro i cui piani, anch’essi di oro, saranno tempestati di zirconi, perle e altre pietre preziose” Quindi Saddad disse: « Allora io costruirò in terra un giardino come quello in paradiso e così non ne avrò bisogno dopo la morte ».”

L’essere umano è arrogante e vuole fare a meno di Dio. Dio non ha altra via se non la punizione: “«Non hai visto cosa ha fatto il Signore della gente di ‘Ad a Iram dalle alte colonne, che non aveva pari su tutta la terra?

Ecco che il giardino assume una simbologia legata al conflitto; in questa tradizione, infatti, l’affaire giardino, segna una tensione alta tra il divino e l’umano. L’umano chiede, è tentato di pretendere, un qui ed ora di felicità e il divino risponde negandoglielo.

 

Per oggi è tutto cari lettori.

Un saluto ed un augurio di pace… grande. 🙂

Comments
4 Responses to “Il giardino nel Corano e nelle Mille e una notte”
  1. Claudia ha detto:

    Complimenti per l’accuratezza della ricerca e l’amore con cui il tema é trattato……mi ha molto colpito……mi é sembrato quasi poetico,
    grazie per questo regalo

  2. aaaa ha detto:

    fiume di vino????cosa stai inventando

  3. aaaa ha detto:

    il vino e una bevanda inpura