Ciclone Gabriella
Spalancate le occhi, oliate le rotelle e soprattutto preparate bene il cuore giardinieri cari: da oggi, per tutti, grazie al film di Patrizia Marani, Paradiso ritrovato, la storia del giardino s’inceppa, svolta e s’impenna.
Si, è tempo di sfoderar paroloni e metterla giù tosta come è tosta Gabriella Buccioli e questo film documento che finalmente le rende onore. Da questo ritratto in poi chi vuol parlare di giardino deve fare i conti con la sua figura che, a mani nude con forconi e sorrisi, ha, verso tutto un mondo e uno stile di vita giardiniero, elegantemente, detto la sua e che sua.
Troppe le diavolerie che abbiamo accolto nel nostro mestiere, troppa chimica, troppo consumo di risorse, troppa specializzazione. Tutto per un’estetica patinata che ancora, come categoria, andiamo celebrando e che ci ha ridotti arlecchini di stoffa annegati nei colori.
In questa terra biologicamente sempre più povera, il giardino come rifugio, recinto al cui interno un dio-uomo crea un mondo più gentile e in questo si specchia felice, non ha più senso. Come è bella e potente l’immagine di Gabriella che insegue macchie di erbacee spontanee lungo i cigli delle strade del nostro appennino e che, con falcetto e penna, segna a tutti le più rare e sobbalza e grida che prima non c’erano e ora ci sono e di questo ringrazia ed è felice.
Sarà difficile poi, visto il film, scordare le sue mani affaccendate attorno alla compostiera, intente in quella pratica umile e indispensabile, capace di trasformare scarto in valore e che ricorda per vie chiare e oscure il legame profondo di vita e morte.
Gabriella non lo sa, o forse si, ma da oggi la sua vita cambia: il lavoro di Marani, ci scommetto, farà il giro del mondo; deve farlo! Queste immagini in movimento saranno il conforto, il manifesto gioioso di tanti giardinieri silenziosi sparsi per fazzoletti di terra anonimi assieme ai loro vegetali.
Cosa vuol dire oggi fare giardino? Innanzitutto caparbietà, volontà di conoscere, apprezzare, aver senso del limite, del ruolo… Sentire la relazione, la relazione tra esseri, io noi le piante il vivente tutto… Come facciamo? Come stiamo insieme? Come conciliamo il rifiuto con il bello, lo spinoso con il dolce, l’avvizzito con il vitale…
Il piacere estetico non può più essere l’alfa e l’omega del giardino, è ora di comprendere che la bellezza colta in natura e perseguita nel nostro agire si esalta nell’intensità della relazione, nella sostenibilità, nella fertilità che diffonde.
Gabriella, sono occhi nuovi, occhi guidati dal cuore, quelli che ti muovono. E che ci spronano. Grazie davvero! 🙂
Comments
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[…] 2009 Maggio 16 by Paolo Sorpreso e appassionato ho letto e riletto i vostri preziosi ultimi commenti (a proposito: grazie, grazie davvero […]
Grrr… io non c’ero, non potevo portarmi i bambini dietro…
Gabriella, quando e dove potremo, noi comuni mortali, vedere questo film?
Non ho visto il film ma ascolto le parole che ha generato. Questo dibattito sta nascendo anche nel campo dell’editoria per bambini: vale di più il piacere estetico o la relazione che intercorre tra adulti e bambini, con il libro come sigillo di un abbraccio che può contenere come può aprirsi? O forse non si possono mettere insieme entrambe le cose? La natura così come ci sorprende e come si relaziona con noi attraverso il nostro sguardo, non è forse già bellissima? E non si può guidare questa bellezza, perché sia “vista”, senza irrigidirla e “stamparla”?
Credo sia stato il grande dibattito del ‘700. Ma di nuovo e ancor più oggi che il mondo è diventato così piccolo, le parole generate dal film sono una sveglia, non solo per l’ambito di interesse del giardinaggio, ma per un concetto di vita e di posizione nel sistema che ci permette di vivere.
I found this blog in blotanical …. How I wish I could read this … But I do love the yellow flowers … ~ bangchik, Malaysia
Ho letto e riletto “i giardini venuti dal vento” e insieme ad un altro libro, “l’orto di un perdigiorno”, lo tengo sul comodino per leggere spesso le pagine aperte a caso e gustarmi le immagini che evocano.
Spero di poter proprio vedere questo film!
Marina
L’inizio è perfetto “è tempo di paroloni”.
Dico subito che non ho visto il film ne conosco la Sig.ra Gabriella quindi i miei pensieri son rivolti principalmente al tuo commento, caro Paolo.
Troppe diavolerie: quelle che io, te, i nostri colleghi usiamo quotidianamente. Domani ti porto una falce e ti aspetto al varco delle manutenzioni.
Troppo consumo di risorse: 23 settembre ecc. ecc. estetica patinata ecc. : ma non eravamo iper specializzati 3cm prima?
Un dio-uomo nel suo angolo felice non ha senso e Gabriella che insegue macchie di erbacce si?
Le mani affacendate nella compostiera mi riccordano essenzialmente che tutti quelli che hanno provato a fare recupero dallo smaltimento sono stati osteggiati fino allo sfinimento perchè il businnes è dell’Hera.
E ORA LA MADRE DI TUTTE LE DOMANDE
COSA VUOLE DIRE, OGGI, FARE UN GIARDINO?
LA RISPOSTA GIUSTA SAREBBE: piantare delle piante sperando che poi ti paghino.
Caparbietà: caparbietà occorre alla fine quando telefoni 5 volte per il saldo della fattura.
Volontà di conoscere: la gente giusta nei posti giusti tanto quello che devi fare lo decidono loro.
Apprezzare: ?……… Io apprezzo l’acer negundo flamingo ma lo apprezzo solo io.
Il senso del limite: noi esseri umani l’abbiamo perso probabilmente insieme alla selvatichezza.
Sentire la relazione tra esseri noi e le piante: ne sono convinto, Paolo, il resto del creato non ha bisogno di relazionarsi con l’essere pluricellulare uomo. Il resto del creato vive soprattutto nonostante l’uomo ed in trepidante attesa della sua prossima estinzione o almeno ridimensionamento.
Però il vedere quanta passione anima i vostri i vostri cuori (Paolo, Gabriella, Cecilia ecc) oltre a rendermi felice per una preparazione umana che riscalda il cuore e la mente mi conferma il convincimento che in natura non esista la bellezza e che questa sia solo l’interpretazione dei nostri occhi di una realta prettamente funzionale e l’emotività che trasuda ampiamente dai commenti è sintomo di umana e lodevole passione.
Silvio, il “giardino” è morto.
..al di là del fatto che ciascuno può pensare per fortuna quello che vuole ed esprimerlo sono veramente incredula e costernata di fronte a tanta “negatività” degli ultimi commmenti… ma cosa significa che in natura non esiste la bellezza..? oppure che il “giardino è morto”?
non capisco GS, se vorrà chiarirci meglio la sua affermazione . va bè!
Rispondendo invece a Silvana : quando animali e piante si relazionano in un contesto naturale o perlomeno selvatico lo fanno vedendo il mondo con i filtri dei bisogni primari. I colori dei fiori hanno una funzione attrattiva o esplicativa di particolari condizioni (piante velenose). Un leone non vede una bella leonessa ma sente che chimicamente è nel momento di maggior fertilità. Potrei farle innumerevoli esempi di come il concetto di bello e brutto sia tipicamente umano.
La natura ha creato cose, piante animali meravigliosi in quanto tali e solamente la nostra supponenza li fa giocare in serie a o in serie b ( vedi” cacciate i rododendri dai nostri giardini”) .
Ciao
Silvana, si guardi dalla sua, di negatività, grazie alla quale i dibattiti sulle più nobili questioni diventano per lei occasione di bacchettare questo e quello su aspetti del tutto marginali, dopo averli persino fraintesi.
Non è possibile parlare sempre e solo del giardino in termini poetici e sognanti, inveendo contro chi pone l’accento su tutta la polvere lasciata sotto al tappeto. Non è più possibile commuoversi davanti alle più belle delle composizioni paesaggistiche ignorando il male che si è fatto alla Terra per ottenerle, o evitando di chiedersi se e fino a quando potrà reggere la loro artificiosità.
Non è il giardino “fisico” che è morto, ma una certa visione di esso, una certa filosofia perfidamente machiavellica, secondo cui un’opera d’arte vale qualsiasi sforzo per essere raggiunta. In molti pensano che un litro in più o uno in meno di fertilizzante chimico aggiunto all’erba del prato non sposti di una virgola la salute del pianeta o che il lavoro di una ruspa lasci indifferente la struttura del suolo. Credono si tratti delle solite banalità ecologiste, è chiaro.
A tutti costoro voglio dire che quest’idea di “giardino” è finita, che il Novecento ci ha lasciato in eredità una situazione ambientale drammatica, che chi è più vicino e sensibile alla natura non può che lasciarsi suggerire da questa il modo per venirne fuori. Ma non voglio usare le mie povere idee e considerazioni a sostegno di questa tesi. Mi affido invece a quelle di Gilles Clement, dei paesaggisti che lavorano al giardino sostenibile, ma soprattutto alle parole e alle immagini di Gabriella Buccioli, vero manifesto di come non si debba rinunciare alla bellezza, alla nostra idea di bellezza, pur trattando la natura con rispetto, amore, devozione, mano leggera e piede scalzo.
Chi sa guardare la natura come il leone la leonessa, caro Silvio, non ha bisogno a tutti i costi di rododendri e olivi centenari, e saprà fare un giardino magnifico con i fiori dei cigli stradali, con i sambuchi e persino con i rovi. Il giardino-pinacoteca che si compiace del proprio artificio, che consuma come se le risorse fossero illimitate, è “morto”. Il giardino che azzera ogni cosa ci sia prima di lui è morto. Il giardino della villetta, che volta sdegnoso le spalle al paesaggio della sua regione per mostrare il suo presepe di piante è morto. Il giardino che si difende dalla natura, che osteggia insetti e animali, che uccide, avvelena, bandisce, è morto.
Ci metteremo dieci, venti o cinquant’anni a capirlo, ma è morto già adesso, perché già adesso ci sono giardinieri, vivaisti, agricoltori che agiscono diversamente e vengono ripagati con monete di bellezza sonante anche quando cercano “solo” la salute del mondo intero.
A Silvio..grazie..A G.S: mi spiace molto nn aver colto l’acuta semplicità della sua sintesi sul ” giardino”, sà talvolta il blog è letto da persone incompetenti,banali e sempliciotte… ed è tutto talmente assurdo che pensi la sua spiegazione così dotta ed esauriente mi trova completamente d’accordo..! Volevo precisare comunque ed è solo un mio pensiero che fino a quando esisteranno persone come Lei, Silvio, Paolo, Gabriella..paesaggisti-giardinieri come Gilles-Clement, Guillaume-Pellerin, progettisti come l’Atelier Balto a Berlino, scrittori come Ruth Amman, Herman Hesse, J.A.Baker, Elizabeth von Arnim e vivaisti come “Le Jardin Plume” il “giardino” nn morirà mai… buon lavoro!
Non conosco la Sig.ra Gabriella Buccioli e quindi non ne posso discutere, anche se le uniche informazioni che mi sono giunte posizionano il suo giardino sull’appennino tra l’Emilia e la Toscana, condivido che estraniarsi da una realtà così naturale è sbagliato. Ho qualche difficoltà a relazionarmi con la natura circostante allorquando mi trovo in Via Andrea Costa a Bologna. Volgendo lo sgardo cercando qualche angolo di natura incontaminata vedo alla mia sinistra lo stadio e alla destra il distributore dell’AGIP e la bocciofila. Il cliente inoltre mi chiede di piantare alcune camelie, io faccio presente che le piante in questione non sono autoctone ma mi risponde che o le pianto io o un’altro. In quel momento mi vengono in mente alcune ricevute da pagare e acconsento. Il mio cuore è affranto ma di fronte all’assegno sono parzialmente rincuorato.
Mi viene in mente a tal proposito un convegno a cui ho assistito in gioventù col Prof. Celli il quale si rammaricava della difficolta di portare in agricoltura le tecniche di lotta guidata e biologica, difficoltà superate solo nel momento in cui si dimostrava agli agricoltori che le tecniche citate erano anche economicamente vantaggiose. La visione delle mondo che traspare dalle sue parole, GS, presuppone un mondo incontaminato dove gli edifici scendono dall’alto come gli alberghi a monopoli senza intaccare una natura preesistente. Sa cosa è un’urbanizzazione? In una determinata area si cambia completamente la struttura del terreno, spesso si porta via il terreno del luogo per riportane altro magari proveniente da altri posti dopo aver fatto fognature, cantine, basamenti e plinti. Dopo dovremmo ripiantare ortiche e razze perchè così gli scoiattoli non si accorgono che c’è anche un palazzo di otto piani.
Mi fa piacere che affidi le proprie tesi alle parole di Gilles Clement, anche perchè se le affidasse alle sue creazioni noterebbe che non vi è nulla di naturale. Chiedo a Paolo, scusandomi della mia incapacità, di inserire le foto del Parc André Citroen, del Jardin du Domaine du Rayol o del Jardins de l’Arche à la Défense. Bordure di pennisetum perfettamente allineate, cactacee messicane in Francia, composizioni di pietre perfettamente allineate e levigate. Giardini artificiali nel più profondo del midollo, studiati e pensati solo in un ottica estetica. La cui ricercatezza è funzionale solo all’immagine del paesaggista.
🙂

http://www.domainedurayol.org/
http://thierry.jouet.free.fr/cours/histoirejardin/clement.htm
http://www.gapphotos.com/imageresults.asp?txtsearchterm=Gilles%20Clement
🙂
Con gli occhi di un leone non si notano ne i rododendri ne le erbacce dei cigli stradali anche perchè non sa cosa siano ne a cosa servano le strade.
Aggiungo l’ultima cosa che mi ha fatto ridere: sia per i rovi che per il sambuco se si prende un pezzo di ramo e si pianta per terra attecchisce. Mi trovi un giardiniere che è riuscito a vendere dei rovi o del sambuco che gli faccio i miei più vivi complimenti. ciao
… il giardino è il solo territorio di incontro dell’uomo con la natura dove il sogno è autorizzato.
Lo ho scritto Gilles Clement, me lo ha ricordato Emanuela. Se le cose stanno così e personalmente stanno così, confondere una mutazione con una morte è un peccato e una pena. Non tutto però ha volontà di mutare: anche la vita s’inceppa, e questa è la nostra sfida 🙂
Buone feste a tutti
Ohps… un altro attacco di ermetismo del mio maritino… 😉
provo a tradurre…
Nel pensiero del nostro, anche un giardino secco e brutto (per esempio di un condominio urbano) ha il potere del vivente, cioè il potere di cambiare. E cambiare non è morire. Pensare che qualcosa di brutto sia destinato a rimanere tale è un peccato (perchè falso) e una pena (perchè ci infligge un dolore inutile).
Là dove manca la volontà di questo cambiamento positivo sta la sfida del giardiniere: educare al giardino… 🙂
Ho letto con attenzione i vostri interventi e mi sono divertita. Sono una new entry e non ho molte esperienze da raccontare ma vorrei dire a Silvio che ho visto in vendita in un noto vivaio 2 piantine di tarassaco a tre euro e 20…ma se lo vendono…vuol dire che qualcuno lo compra….
magari l’inquilino dell’ ottavo piano.
Grazie a tutti. Zeuma
Il mondo del giardinaggio e del vivaismo, come probabilmente altri settori, è un mondo divertente e strano. Popolato da professionisti, amanti o semplici imprenditori ed improvvisati dell’ultim’ora. In questo bailame si vede di tutto: due piante di tarassacco a 3 euro ma anche ciotoline di erba gatta a 4 euro quando con quei soldi ci compri un chilo di semente e ci fai 15 metri quadri di erba gatta ( loietto ). Conosco giardinieri che nn riconoscono un viburnum lucido da un lauro, aziende che vendono lastroni di rocce finte ad un prezzo più alto delle rocce vere, garden che vendono tronchetti di ramo per far fare le unghie ai gatti. Purtroppo o per fortuna fra chi ci lavora dentro l’imperativo rimane quello di sbarcare il lunario assecondando il mercato. Noi ospiti di questo blog siamo tutti, ognuno con le proprie idee, appassionati e se spendiamo parole e tempo è perchè in qualcosa più o meno ci crediamo. Chi al seguito dei maestri di pensiero(GS) chi perchè emotivamente affascinato da questo mondo( Silvana) o chi come me miseramente servo del denaro ed estremamente scettico sul futuro dell’uomo insieme a tutti quelli che hanno espresso un opinione coltiviamo il piacere di parlare e di cercare di risolvere, con scontri ed incontri, tanti problemi quotidiani e qualche problema un po più grande delle nostre spalle. Io propongo di continuare a parlarci ( almeno finchè Paolo nn si rompe) forse non risolviamo i problemi ne ci mettiamo d’accordo ma male non facciamo per cui…….
………notte.
A proposito Buona Pasqua.
Grazie Silvio e buona Pasqua anche a te…
Sono un allievo del dott. Paolo e condivido il vostro amore per il giardino, ma modestamente per me non c’è nulla di più completo e realizzato in natura di un bel albero da frutta carico dei suoi doni.
Grazie comunque a voi romantici per le belle foto piene di colori e profumi, ma con pochi sapori!!
agreste14
Buona Pasqua a tutti fra sakure, camelie e tarassachi in fiore.
A presto…
GS
Caro Silvio, a leggerla con attenzione si capisce che l’animo da guastatore in fondo non ce l’ha. Ormai l’ho capita: lei si nasconde dietro agli alberi e se ne sbuca fuori improvvisamente con dei tackle da terzino roccioso, come si diceva una volta. Dopo che ci ha gonfiato le caviglie (uso il plurale, perché quelle di Paolo sono le più malandate, per ora) se ne torna buono, e celebra la comune passione per il giardino etc. etc. In fin dei conti lei vorrebbe spogliarsi delle cose che dice e, soprattutto, di quelle che è costretto a fare, e avrebbe una gran voglia di spendere anche lei i suoi tre euro e venti per due piantine di tarassaco (o di levistico, di sciupet o di sisaro) anziché cacciarne duemila per un ulivo secolare pugliese. Secondo me, il giorno che andrà al Casoncello si innamorerà perdutamente di Gabriella e vorrà farle da garzone pur di imparare tutti i suoi metodi per ridurre costi e ore di lavoro, fino al giorno in cui le dichiarerà il suo amore e aprirete un blog insieme, rigorosamente post-ideologico e Fukuoka-correct.
Sappia, Silvio, che il suo pragmatismo mi piace. Lei è un ottimo difensore, per rimanere nella metafora, su cui tutta la squadra può contare. Che quando c’è qualche ragazzino (vedi Paolo) che mostra qualche velleità e comincia a fare discorsi strani sul modulo di gioco, lei è il tipo che scatta dalla sua area, lo piglia per le orecchie e lo rimette in riga. E’ giusto così. Sono convinto che quando quel ragazzino avrà completato il suo percorso e sarà sicuro delle sue azioni quanto delle sue idee, lei sarà il primo a congratularsi e ad andarne fiero, perché nel frattempo il ragazzino le avrà innestate in una solida ragion di stato e non si sarà perso un bonifico che sia uno…
Porto il massimo rispetto per tutti coloro (e sono la maggior parte) che hanno le loro brave camelie da piantare controvoglia, che vivono in cattività guardando tramonti giallo Agip e che devono fare i conti (tutti i conti) con i portatori di assegno, specialmente quando quest’ultimi esprimono l’arroganza di una qualche sottocultura cui tutti faremmo volentieri a meno. Pur vivendo in un contesto non dissimile dal suo, credo però di non essere innocente rispetto ai miei comportamenti, e non mi rassegno a cercare gli spazi (e ce ne sono) dove non ci sia alcuna legge economica o agronomica che mi impedisca di renderli il più possibile “enviromental friendly”.
Bene la sua ironia, le sue sferzate, dunque, ma si prenda il gusto anche lei di combattere a mani nude contro gli invasori britannici, la prego.
Io non riderò mai di questo. O se vuole farò finta di non vederla.
Mi inserisco sommessamente per fare notare che l’esaltazione di un giardino – e di un modo di fare e vivere il giardino – dove le piante sono “pensate” e curate secondo un determinismo assoluto non mi pare sia confacente all’idea di “selvatichezza” del nostro padrone di casa.
Forse qualcosa mi sfugge, ma che cosa può avere di “selvatico” un luogo dove bambini e animali non sono previsti nel ferreo determinismo del Creatore perché “pestano fuori sentiero”? Perchè dovrebbe provocare esaltazione a chi pensa ad una natura che evolve secondo regole proprie, un luogo dove le associazioni i colori e le relazioni tra esseri sono rigidamente controllate seppure con metodi altamente compatibili con l’ambiente?
No caro Paolo, quello che dovrebbe “svoltare, impennare e inceppare la storia del giardino” non credo sia un giardino ma piuttosto il riproporsi della vecchia concezione del giardino come opera d’arte (in questo caso di una grande artista) che tanto andava di moda al tempo di re, mecenati e notabili.
Anzi no, una differenza c’è: re e notabili nel giardino banchettavano, davano feste e costruivano stanze segrete per le “nobili camporelle”! Chissà se al Casoncello oltre a una “meditabonda patinata osservazione” – le foto proposte a corredo del post sono tutte un programma – qualche volta si riesce a “vivere” nello spazio?
Kong(Zhong)
Grandissimo Kong! Mi hai rubato le parole. Ma io te le regalo volentieri.
La nostra signora, proietta nel giardino una ossessione che gli è propria. E la natura non c’entra niente.
Ha il suo ruolo in un disegno di artista che ne prevede la riservatezza, il silenzio, la contemplazione sterile.
E’ una signora che invita ma non condivide, che impone regole la dove la natura imporrebbe altro.
La gioia, quella vera, risiede da un altra parte.
Il casoncello è la costruzione mentale di una persona che attraverso quel luogo ha potuto finalmente fare ciò che non gli è mai stato concesso. La protagonista di una storia.
La natura non ostenta la sua bellezza
La natura fa a prescindere.
Senza bisogno di tanta roba.
La Signora è costruita. Dalla scelta dei colori che indossa, alle cose che dice.
Sarebbe più onesto che questi finti poeti la dicessero come va detta: DOBBIAMO MANGIARE ANCHE NOI!!
E allora sarebbe meno indigesto questo misto di melassa,romanticismo stucchevole, finto amore, che esce dal quadretto che la signora ama dare di se.
Anche perchè o zappi, o scrivi
o vanghi, o fai conferenze stampa.
Alè. L’ho detto. Ora sto meglio.
g.s. se io entro in tackel Andrea come è entrato? Finalmente non sono più l’estremista del blog. Andrea sono per la prima parte in accordo con te , per la seconda……..pensa anche a persone come Mauro Corona che fa legna, scrive e essenzialmente vive. Ogni persona trova o cerca la sua via, la Gabriella ha questa che probilmente è quella giusta per lei e non è detto che lo sia per un’altro. Alè i pragmatici stanno crescendo.
Ciao
Che peccato…
mi sembra che pioviate a grappoli da altri pianeti…
ci sono esperienze, sentimenti, costruzioni umane che animano il mondo e lo fanno bello. Ci sono animi a cui piace cogliere il valore altrui e condividerlo, altri cui piace rispondere creando a modo proprio, altri che si compiacciono di disprezzare. Nessuna esperienza è esaustiva: sempre qualcosa è presente e qualcosa manca, aspetti di luce e di ombra animano e accompagnano l’umano affaccendarsi. Si può osservare lo sforzo, ammirarlo, indicare un puntello dove manca. Si può anche notare una crepa ed infilarvi la punta dello scarpone per partecipare al gusto di rovinare, per vedere fin dove può spingersi il danno… Si può, però peccato…
non capisco? perché tanto astio?
Quando mai un giardino contemplativo, che persegue “un’idea” personalissima di natura è da considerarsi sbagliato? e i giardini giappo-zen? non a tutti piace infrattarsi in giardino, cari Kong e Andrea, a qualcuno piace starsene in silenzio ad osservare le scie delle lumache.
Le avanguardie, nell’arte, in architettura e, sicuramente nell'”arte” dei giardini (vi stridono i denti eh?) non hanno mai preteso di essere capite, non sarebbero avanguardie!
E se il vivaista scaltro, vende i suoi tarassachi a 3 euri, caro Silvio (a proposito, io i sambuchi li piazzo eccome, caro Gatto Silvestre! allegando ricetta per sciroppo di fiori e liquore di bacche!) vuol dire che la voglia di “selvatico” è più che un’idea astratta e, anche se solo per seguire la moda del momento, in giardino si compie un passo indietro con diserbanti e veleni vari, benvengano i fashion victims!
mettete dei fiori nei vostri commenti! maro’ che pesi!
Amo la selvatichezza e so che potrei diventare come Gabriella..ma amo anche i giardini zen al punto di averne creato un angolo dove spigolo a mano le erbe che crescono.
Amo anche la bella scrittura e in me convivono l’accoglienza di Paolo, Cecilia e il pragmatismo di Gatto, Silvio e Andrea.
Ma stavolta l’illuminazione ma la da Cat. Mi dai la ricetta del liquore di sambuco ? Io per ora ho utilizzato le bacche soltanto facendone succo puro o gelatina.
Grazie ancora a tutti. E’ molto bello condividere sulla natura i suoi doni e i nostri tentativi di domarla…
…a Valeria ..sai che con le ombrelle mature dei fiori di sambuco si fanno ottime torte..? Io stò aspettando la fioritura del mio che il vento ha portato sul mio terrazzo..evviva la selvatichezza..lo zen e tutti noi..! silvana.
Andrea e Kong hanno vita facile nel fare a pezzi cio’ in cui non credono e, in qualche caso (mi perdonino), palesemente non capiscono (cat e cecilia hanno precisato “quali cose” al posto mio).
Li invito a fare del compostaggio con quei pezzi preziosi, e magari a spiegare come altrimenti vorrebbero nei loro sogni quel terribile luogo che e’ per loro il Casoncello.
Con questo tipo di entrate a gioco duro, caro Silvio, questi in partita ci sanno stare al massimo un paio di minuti. Il suo posto di terzino e’ sempre suo, per quanto mi riguarda.
Ciò che non si vuole ammettere e che è il perno di questo scontro è che il giardino non è natura. la natura è bosco,deserto, palude, savana non giardino. Giardino è sala da pranzo, soggiorno, sal giochi, una parte della casa e come tale rispecchia la personalità del proprietario. Il giardino è l’umanizzazione di un’area. Il Casoncello è la perfetta espressione della sua proprietaria ma non è naturale ma artificiale quanto tutti gli altri perchè, lo ribadisco, è l’espressione di Gabriella e non della natura. L’anelito o il desiderio di riavvicinarsi nella sua progettazione e realizzazione ad un impatto più soft è condivisibile ma non può essere dettato dalla condizione: il Casoncello è giusto gli altri sbagliano.
Ben venga chi è bravo a vendere tarasacchi e sambuchi dietro la bandiera naturista ma tornando ad un concetto a me caro le bollette le paghi vendendo photinie. Dietro il Casoncello si vede la ricerca di una qualità di vita migliore con dei tempi di vita più accettabili ma il Casoncello è lo 0, ….. di quello che i professionisti trovano su cui lavorare. Normalmente si ha fazzoletti di terra incastonati tra il cemento, parchi adiacenti a centri commerciali dove l’imperativo dei committenti è bassi costi e manutenzioni. Partire dal giardino per un discorso ecologista è come partire per la guerra con la fionda. E la dimostrazione maggiore è data dai generali di cui si è parlato Gilles Clement, Ouborne che predicano bene
ma razzolano perlomeno come gli altri. Creazioni molto belle ma ……. Mi piacerebbe un suo commento Gs su i giardini che ho indicato precedentemente soprattutto sulla naturalità e spontaneità delle creazioni. Un’ultima considerazione per Cecilia: non è voler per forza aumentare la crepa infilandoci lo scarpone ma gli occhi di chi lavora sono diversi di quelli, come i tuoi che ammirano; non dico ne migliori ne peggiori sicuramente diversi.
hi
A Silvio….rimembri ancora quando la professione non aveva sradicato la natura dal tuo lessico di ingegnere del giardino ?
Capisco il tuo punto di vista comunque.
Io il giardino me lo sono ritrovato in 2000 mq di eredità. Dapprima mi sembrava un dovere curarlo, ora diventa un piacere ma lo sto scoprendo a poco a poco. Ho la fortuna di avere una terra buona e varrebbe la pena coltivarla ma……..mi piace ancora osservarlo dalla cucina e sentirmi nella mia natura incantata…
o forse tutto ciò non è giardino ??
Sabato scorso dovevo parlare a un convegno sul libro per i bambini. E ho aperto il mio intervento riferendomi a questo dibattito. Mi sembrava che il tema che si pone non fosse specifico del giardino ma appunto dell’educazione in generale. L’estetica pura fa un buon libro per bambini? L’estetica pura fa un buon giardino? Una bellissima caffettiera è necessariamente una buona caffettiera? La “bontà” viene dal godimento delle pagine, dello spazio verde, del caffé? O magari viene da diverse cose, non necessariamente in conflitto tra loro? E gli utenti a cui pensiamo progettando un libro, un giardino, una caffettiera, che idea o che esperienza hanno rispetto a queste occasioni di esperienza?
Il collegamento con il tema “selvatichezza” non è casuale. Se un giorno di pioggia viene vissuto come una tragedia, se è inammissibile camminare un’ora di più perché si è persa la strada o “perdere il we” a causa di una non azzeccata previsione del tempo… significa che noi uomini abbiamo perso il contatto con le regole più banali del nostro Pianeta. In questa logica, qualsiasi prato NON è accettabile, se diverso da un campo da golf. Il problema allora non si pone nel campo da golf o nel prato spontaneo ma nella perdita di relazione (curiosità, interesse, sfida…) con l’erba come realtà con infinite variazioni. Vorremmo che queste variazioni si riducessero alle tre o quattro che compaiono sui media. Come sperare nell’amore ideale senza essere disponibili alla scoperta dell’altro!
Altra domanda che mi sono posta sul libro (e sul giardino) è se si debba essere sempre strumentali (esteticamente o utilitaristicamente) o se piuttosto il fatto strumentale in sé non sia il benessere che viene da una buona relazione. La delega ad altri di questa relazione non risolve il nostro benessere. Dobbiamo metterci in gioco. Anche professionalmente, perché pur entrando in canali di mercato, possiamo fare delle scelte. Una scelta fondamentale a mio parere è quella di far riprendere contatto con gli eventi naturali e le sorprese che portano con sé. Da qui viene la vera conoscenza. Fine delle riflessioni… per ora…
Ho letto i commenti di tutti. E credo che ci sia un equivoco importante.
Chi, come Silvio e me, con i giardini ci mangia, a ne vede i lati oscuri e come dire….. meno romantici, non può non vedere ciò che dietro il progetto Casoncello si cela.
Bisogna distinguere il lavoro dalla passione, perchè seguono leggi diverse, PURTROPPO.
E un progetto come il Casoncello per mantenersi deve essere giustamente “Venduto”. E di conseguenza, Gabriella sta eseguendo una operazione di marketing meravigliosa della quale le va dato atto.
Ma il marketing lavora su regole diverse rispetto a quelle della passione.
I meno attenti, fanno spesso fatica a capire questa differenza sottile.
Non c’è niente di male nel tentare di vendere un proprio prodotto. E se il prodotto ( come nel caso del casoncello ) è buono è anche meglio.
Quello che fa sorridere chi in questo mondo ci vive e ne conosce le regole è che dietro tutta questa parvenza di romanticismo, amore, fratellanza, ci deve essere per forza un occhio al business, il quale permette a questo progetto di sostenersi.
Per cui l’immagine di donna scesa da un universo magico stride fortemente con con ciò che è la realtà .
Chiaro che il Casoncello diventa una occasione per sognare e Gabriella una persona che per come si è “venduta” ( mi si perdoni il termine) ben sia adatta a recitare il ruolo di colei che introduce ad un mondo fantastico, dove molto spesso chi vi accede ne vede solo la parte più superficiale e romantica ( e forse quella che gli serve ).
Chi del far giardini ha fatto un lavoro con il quale campare sa che spesso non c’è nulla di romantico in una giornata piovosa, e che spesso quando consigli una pianta non puoi fermarti alla sola estetica, ma anche alla resistenza, alla rusticità, e alla praticità, tutta roba noiosa…..
Personalmente, credo che chi ama la natura, il giardino, le piante, chi sa cogliere il momento in cui i ciliegi lasciano andare i petali, chi riesce ancora a guardare un tramonto, non abbia bisogno di ostentarlo, nè di pubblicare libri o girare film per comunicare al mondo quanto lo ama. Lo fa e basta.
Poi va tutto bene ed è giusto che ognuno faccia come gli pare, ma per chi conosce questo settore, leggere e vedere certe iperboli e soprattutto rendersi conto di quanta gente abbocca senza farsi domande, è ancora incredibile.
Le persone hanno talmente bisogno di sognare, che sono disposte ad accettare qualunque cosa pur di non rinunciarvi. E in attesa del principe azzurro si innamorano del cavallo bianco….
State felici o almeno provateci.
E’ proprio perchè ci innamoriamo del cavallo bianco Andrea, che veniamo da te sperando che tu possa costruirci un sogno.
Non direi che le differenze fra le regole del marketing e quelle della passione sono così sottili.
E’ vero che chi riesce a cogliere e a gioire della natura non ha bisogno di ostentare ma la vera passione si ha voglia di condividerla e questo è il grande regalo che ci propone Paolo con le sue note colorate..ma anche Gabriella che mettendosi così in gioco nelle vesti di attrice nel suo giardino accende le luci sul palcoscenico…
Tutto si paga ma quando arriva il cameriere decidiamo noi se il bicchiere è mezzo vuoto o mezzo pieno.
Io preferisco andare a cercare la Principessa.
E l’idea di affidare agli altri il compito di costruirci i sogni mi fa sobbalzare sulla sedia.
Il bello dei sogni è che ce li costruiamo da noi! Perbacco! E’ l’unica cosa che ci è rimasta!
Io ho il compito di darti i pezzi e le indicazioni per provare a costruirtelo. E sono felice di farlo. Ma il sogno te lo costruisci tu.
Se no è comoda.
La passione non ha per scopo quella di vendere. Il marketing si.
E il Casoncello per vivere ( come tutte le attività ) non può esimersi dal vendere ( o dal portare gente che paga un biglietto o quant’altro).
Io in questo non ci trovo nulla di male. Anzi, è giustissimo.
Quello che voglio dire io è che spesso ci troviamo ad attribuire un disincanto che chi vende ( e il casoncello vende ) non può avere proprio perchè è legato a logiche di commercio ( ad alti livelli o anche bassi ) che non possono sposarsi con la gratuità del donare un sentimento o una passione.
Io non sto criticando il casoncello, nè tanto meno Gabriella. Cacchio, ha fatto un gran lavoro oh! E il posto è bellissimo.
La cosa che mi fa ridere ( e dico ridere, non incazzare ) è che una sacco di persone non si rendono conto che Lavorare con le piante è diverso dal passarci del tempo per passione. E soprattutto non esce mai allo scoperto il lato oscuro e meno sognatore di questo mestiere che ai più appare dorato, ma che in realtà se fatto seriamente racchiude delle ruvidezze, dei tormenti e delle imprecazioni da far rabbrividire. Perchè la natura è fatta così. E’ un pò pugnetta, direbbero dalle mie parti, e descriverla sempre come foriera di poesia, amore e sogno non è credibile se non da chi è talmente bisognoso di crederlo da non vedere altro.
Ma questo è il suo bello!
Ciò detto credo che questo rimanga il più bel mestiere del mondo, perchè ti da la possibilità di fermarti e capire il mondo che ti passa di fianco tutti i giorni. Ma va guardato nella sua interezza col sorriso sulle labbra e senza grandi proclami.
Pace e amore All Around the world.
Adesso vado a fare un respiro Lungo e profondo.
‘zzarola Andrea come ti hanno ridotto i clienti! ;O)
A volte le fiabe e i sogni è anche bello farseli raccontare.
Ci vuole una buona padronanza della professione per riuscire a realizzare i sogni altrui, e ancora di più se il sogno lo suggerisci tu stesso, credo.
peace and love, cat
beh, caro cat, io non so bene d che cosa ti occupi, ma ti posso assicurare che il mio è un punto di vista privilegiato sotto questo aspetto.
e anche paolo secondo me ne sa qualcosa.
Come dicevo prima, la differenza la fa il ruolo nel quale sei coinvolto, e che di conseguenza ti fa vedere tutti gli aspetti del gioco che stai giocando.
Il punto di vista dell’appassionato è completamente diverso da quello di chi ci lavora, nel mondo delle piante.
Se sei troppo vicino ad una cosa, non la puoi vedere nella sua interezza e capirne il quadro generale.
Ma questa è la vita e va bene così.
Non è la padronanza che fa realizzare i sogni altrui.
Spesso è la capacità di dire alle persone ciò che si vogliono sentir dire. E questa è una cosa che in ambito commerciale è la cosa più orrenda che si possa fare, perchè è irrispettosa dell’intelligenza del prossimo.
Il poeta è nell orecchio di chi ascolta.
Te lo dimostra il fatto che una sacco di gente che ha votato lo psiconano lo considera il salvatore della patria.
Per cui, orecchie diritte e attenzione ai facili proclami, alle dichiarazioni di bontà, e alle parole coperte di glassa.
I veri maestri sono altri e spesso nell’ombra. qui c’è solo del sano, corretto, e azzeccato buon marketing.
pace e ammmmore.
e GIà…ho lanciato il sasso….. Ma mi piace la piega che ha preso.
SOno certa Andrea che sei un bravo maestro. Vi leggo tutti con immenso piacere. Il mio tentativo era un lapidario approccio di unione. Di unione fra chi opera e chi riceve. La mia opinione è che non debba esserci nè un cavallo nè un principe nè una principessa di cui innamorarsi. L’amore è….e basta.
Infatti puntavo il dito sul fatto che la differenza fra marketing e passione non è sottile in quanto è grossolana.
Ma voglio credere che chi riceve possa ricevere a prescindere da ciò che ci sta dietro, possa ricevere in base alle proprie capacità di sentire e che ogni tentativo di facilitazione di questo processo possa essere il benvenuto.
Insomma…… IL MIO SOGNO E’ che possiamo tutti continuare a scambiare con attenzione all’altro anche attraverso un mestiere. Forse chiedo troppo.
Eh sì…tutti abbiamo un sogno !!!
Un abbraccio a tutti quelli che hanno dimostrato la voglia di confrontarsi !!!
Io partirei da un calorosissimo abbraccio ad Emanuela Bussolati e alla sua passione per bambini e giardini. Mi sembra molto interessante la sua domanda, caduta finora nel vuoto, se l’estetica pura fa un buon giardino, o un buon libro. E la declinerei anche così (per riallacciarmi all’ultima parte del dibattito): “un buon marketing fa il ladro?” ovvero:”l’incompetenza in fatto di sopravvivere fa il sogno?” . La risposta a tutte le domande è, ovviamente: NO. Non sono i fatti in se’ ma il modo in cui li usiamo, in cui li viviamo, che definisce il valore delle cose. Se, come credo, scopo della vita è la felicità, ciò che conta in quello che facciamo è quanto una certa esperienza contribuisca a generare valore nel nostro essere. Non credo che Gabriella sia un mago del marketing e che non incontri difficoltà nel garantirsi la sostenibilità del suo “luogo per sognare”. Mi risulta che l’idea del film non sia sua ma della regista che, evidentemente, ha percepito e colto la sua magia. Gabriella ha una sua durezza, una sua ferma definizione dei modi e dei limiti della propria accoglienza che, a mio modo di vedere, ne rivelano l’autenticità. Lei è così e basta, se ti va stai, se non ti va te ne vai. E mi sembra che gliene importi poco se così la cosa “vende o no”. Lei è così, punto e basta. Questo non significa essere maestri di marketing ma maestri della proprietà di sè , convinti fino alla cocciutaggine del proprio modo di stare al mondo e di amare ciò che si ama. E viva la faccia, dico io! Sì è vero, qualunque attività che fondi un’esistenza deve sostenersi e quindi rendere, ma c’è modo e modo di dare spazio a questo “rendere”. C’è chi accumula quel che gli serve e chi accumula a più non posso, senza darsi troppa pena se, per accumulare tesori nel forziere, si trova a svendere i tesori del corpo se non, addirittura, quelli del cuore. E questo fa la differenza, eccome se la fa!! Sono ben fiera di aver sposato un giardiniere che la domenica la passa coi suoi bambini. Magari non avremo mai meravigliosi possedimenti agresti, continueremo a vivere con semplicità in un appartamento, ma viva la faccia, W i tesori del cuore!!
Scusate la verve, ma mi manda in bestia sentir contrapporre il crudo realismo all’ingenuo (e imbecille) sognar degli angioletti. Mi manda in bestia perché io sono sostenitrice convinta (e pure fanatica) del potere della vita, del potere trasformativo del sogno e non tollero di essere scambiata per un’imbecille.
Senza per questo voler dar dell’imbecille a nessun altro. Però, signori realisti, state in guardia: ricordate che lo sgabello del valore ha tre piedi: il primo è il guadagno (crei valore se stai in piedi), il secondo è il bene (che cioè il guadagno non sia solo personale, ma anche collettivo: cioè non puoi guadagnare tu rubando al prossimo) il terzo è la bellezza (bisogna anche che tu faccia qualcosa che ti piace). Se questi tre piedi non stanno bene in equilibrio, la vita piange e piange forte, anche se cambi motore tutte le settimane… signori realisti… non lasciatevi confondere dalle antiche sirene… banale non è il sogno ma l’infelicità, e la strada per l’infelicità passa sempre da quelle antiche sirene…
Con sincero, profondo rispetto
Cecilia
Si lavora per mangiare.
Si lavora per continuare a fare un lavoro che ti piace.
Si lavora perchè in quel lavoro una persona crede.
Si lavora perchè il sogno del lavoro che fai continui.
Si lavora perchè il tuo lavoro cresca ( non per arricchirsi ) e tu con lui.
Chi lavora 15 ore al giorno, 7 giorni su 7 non lo fa per accumulare ricchezza, ma per far si che il suo sogno di lavoro possa crescere, migliorare e per progettare un futuro migliore, o forse perchè questo suo lavoro, fatto di realissime problematiche e realissime situazioni è realissimamente un suo sogno.
Per un giardiniere che la domenica va a spasso con i bambini, ce n’è un altro che lavora per pagarsi il mutuo della casa o per far si che i suoi dipendenti possano ancora avere uno stipendio alla fine del mese, per far si che i loro sogni possano continuare.
Spesso l’idealista non sa di cosa parla.
Il realista non vuole insegnare niente a nessuno, si limita ad analizzare crudamente ciò che è, il che non è sempre un male.
E io di idealisti che rincorrevano la bellezza e hanno messo alla fame la propria famiglia ne ho visti un pò troppi. E allora mi si perdoni la crudezza, ma la bellezza quando hai fame è un pò meno bella.
Il sognar degli angioletti non è affatto imbecille. E la associazione sognatore= imbecille la trovo fuori luogo e sovradimensionata rispetto alla discussione.
“Gabriella ha una sua durezza, una sua ferma definizione dei modi e dei limiti della propria accoglienza che, a mio modo di vedere, ne rivelano l’autenticità. Lei è così e basta, se ti va stai, se non ti va te ne vai. E mi sembra che gliene importi poco se così la cosa “vende o no”. Lei è così, punto e basta. “.
Questa tua affermazione è corretta. Peccato che l’immagine che esce di lei in tutte le riviste e in tutte le occasioni non sia quella di una donna che si incazza come una biscia se un bambino le calpesta una pianticella…..
E comunque alla affermazione “lei è così, se ti va bene stai , se non ti va te ne vai” io non potrei che rispondere me ne vado.
Io, insieme a quel bambino cazziato per aver calpestato quella pianticella.
Il realista sogna, solo che lo fa in maniera diversa, e senza bisogno di ammantare di candido qualcosa che magari non lo è.
Quando un realista dice ingenuo, intende ingenuo.
Quando un sognatore dice ingenuo, probabilmente intende imbecille.
E allora evviva i realisti! Capaci di sogni senza zucchero e miele! Evviva i realisti! Coraggiosi nella loro crudezza! Evviva i realisti! criticati dai sognatori che spesso non si accorgono di essere così accecati dai loro sogni da rischiare di essere più crudi e manichei ed estremisti dei realisti che criticano. Evviva la selvatichezza! Quella vera! quella che ti porta a correre per il casoncello e chissenfrega se pesti una pianta, se poi impari che dopo che l’hai pestata muore!
Evviva l’esperienza conoscitiva! Ed evviva anche per i sognatori che si sentono imbecilli senza che nessuno glielo abbia detto! Evviva la permalosità! ma evviva anche alla tolleranza ( che molti sognatori perdono nella difesa del sogno)!
Anche i realisti hanno un cuore! Solo che non hanno il bisogno di dirlo a tutti!!!!!!!!!!!
E anche i realisti sono felici! e lo sanno essere a modo loro, ironizzando spesso sull’ignoranza di questa vita così piena di contraddizioni che porta una signora di mezz’età non sempre accogliente, dura e a volte isterica ( ho dei racconti fantastici fatti da chi è passato di là) ad essere scambiata per una fata turchina delle piante e dei fiori.
Evviva Libereso Guglielmi! Evviva la rivoluzione! Evviva la natura che però, se lasciata a se stessa tradisce un fondamento inquietante di cui le forme tradizionali di convivenza sono la necessaria copertura……
Con questo dato inquietante vi saluto.
ma se ci togliamo di dosso idealismo e realismo non rimane forse il tema della questione. Il Casoncello non è forse un’esempio di giardino e giardinaggio eco-sostenibile? Questo è il nocciolo della questione. Il Casoncello e la Signora Buccioli, pongono all’attenzione questo nuovo metodo. Il marketing sono affari suoi e di chi apprezza o non apprezza.
Ora se questo è un esempio di nuovo giardinaggio, vi pare percorribile? E della bellezza che facciamo, ce la dobbiamo reinventare, eh si perché mica è così semplice, come si fa con un piccolo giardino in città.
Ciao Cecilia, questo commento è prettamente rivolto a te che mi conosci anche personalmente e puoi meglio valutare le considerazioni che stò facendo. In queste pagine si sono visti amanti dei fiori, professionisti sia del giardino che di paesaggistica, rivoluzionari del verde, creatori di emozioni e venditori di tarassaco. Non ho intenzione di criticare nessuno, ognuno fa la sua gara e via. Io tante volte mi sono chiesto ” ma se tornassi indietro farei questo mestiere”? Io romantico ed idealista che andava con tuo marito a vedere gli hemerocallis o i miscatus da Tesi o alla domenica a Lucca a vedere i frutti antichi o le bulbose particolari ( pensa che furbi) arrivi ad un punto che scopri che per certi lavori la cosa più importante è un buon avvocato. Poi produco piante e tutti i miei sogni di novità si infrangono contro la necessità di guadagnare. Ti voglio raccontare una vignetta di Donnesbury: Jane Fonda che esce dalla sua palestra personale e incontra la sua donna di servizio:
IF – Jasmine ma come sei sciupata, perchè non vieni a fare un pò di esercizi con me, ti aiuterebbero.
J – non posso per i miei impegni.
JF – ma jasmine chi c’è più impegnato di me: la televisione, la palestra, il commercialista, mille impegni ma due ore in palestra le trovo sempre.
J – sig.ra Fonda lei è impegnata per quanto vuole essere impegnata io per quanto devo essere impegnata.
Per me è una delle più belle stripes di sempre, riagganciandosi ai nostri discorsi è una grande fortuna poter realzzare i propri obbiettivi e sogni. Non sempre ci si riesce delle volte per prigrizia delle volte per incapacità o per situazioni contingenti. Quasi sempre si sogna o si persegue la bellezza dopo aver ben piantato i piedi per terra. Io personalmente ho dei momenti che sono stanco. Fortunato chi ha fatto dei propri sogni un business, io faccio ancora fatica a fare di una passione un mestiere.
ciao
Silvio, hai ragione!
La soglia che divide una propria passione dal proprio lavoro è proprio questa. ( e dico proprio lavoro apposta, non intendendo chi gerarchicamante non sta nel punto più alto della piramide)
L’assunzione di impegno sul lungo periodo, con dipendenti, clienti, personale, famiglia.
Ed è un livello di responsabilità che l’appassionato/sognatore non può vedere. E quindi, spesso esprime giudizi senza conoscere. O senza porsi domande che invece servirebbero.
Io non li conto più quelli che venendo da me in cerca di un lavoro hanno iniziato il loro colloquio così: – Io sono molto appassionato, questo settore mi piace un sacco, perchè mi rilassa e mi ci ritrovo, e poi a casa ho un piccolo giardino dove curo le mie piante……-
Dopo una settimana nel mese di aprile con sveglia alle 7 e ritmo tambureggiante hanno spesso deciso che forse la loro passione doveva rimanere tale. Tornando a fare i programmatori o i ragionieri o i grafici…. per poter seguire meglio le loro passioni e finalmente avere il tempo per vivere la loro vita.
Chi non conosce non può capire, ma spesso, si trova a giudicare.
Auguri Silvio, che tu possa radicare bene i piedi per terra e non perdere il senso di realtà che la terra ci insegna!
Saluti
Un Realista Sognatore.
grazie andrea
Amici cari (che più ci accapigliamo e più mi diventate cari), mi dispiace averci fatto la figura della bella Jane, o peggio quella della cruda e manichea ed estremista sognatrice. Non sono certo una persona che non conosce difficoltà e che si è trovata la pappa scodellata. Un’attitudine mentale non dipende dalle circostanze. La più improbabile, la più bella e ricca delle mie battaglie l’ho vinta in un letto d’ospedale dove sono rimasta inchiodata per mesi, contornata da medici che ritenevano che non avrei più camminato. Credo di aver dato forma a un destino diverso coltivando una mente diversa, proteggendomi dallo sconforto come dalla peste e non rinunciando mai a coltivare un sogno. Per come la vedo io le difficoltà non sono la tomba, ma il pane dei sogni. E lo spirito di ricerca, quel non rinunciare mai a cercare, a darsi da fare per trovare, quel non firmare mai una resa è la vera strada per dare spazio, vita e corpo ai sogni, che hanno l’unica esigenza di non essere abbandonati. Fare “fatica a far di una passione un mestiere”, ma continuare a provarci è già vincere. Sentire la stanchezza ma non rassegnarsi è già il passo di oggi, è già vincere. Se coltivi piante e sai che vendi le photinie, coltiva le photinie, ma mantieniti pure un angolino, un ritaglio di tempo e uno di cuore per studiarti magari una novità che ti appassiona. Se mantieni uno spazio, anche piccolo, la vita trova le sue vie. Credo invece che scetticismo e sarcasmo funzionino all’opposto, sterilizzando futuri possibili. Per il resto credo doveroso ricevere la tirata d’orecchie di Alessandro: siamo andati pesantemente fuori tema. O forse no: il giardino, nell’accezione che ci è cara, è anche spazio di relazione, di ricerca di sè e di un proprio percorso. Quanto all’idea di reinventarsi la bellezza in un piccolo giardino di città, Alessandro mi fa tornare in mente un’immagine: quando vivevo da sola nella mia casetta coltivavo un terrazzino e su un davanzale chiuso da una grata c’era il più improbabile dei miei giardinetti, con felci ed edere in arrampicata libera. Quando ci conoscemmo, Paolo me lo seccò con uno sguardo, però io, ogni tanto, vado ancora a coccolarmi le foto che ne conservo… mi pareva molto bello…
“Per un concetto di vita e di posizione nel sistema che ci permette di vivere”. A mio parere, le prime fiammelle accese in questo blog un paio di mesi fa, nascono intorno a questa felicissima sintesi di Emanu dedicata al Casoncello. Cambierei, cara Emanu(ela) solo il presente di “permette” in congiuntivo. Non per correggerla, s’immagini, ma perché il “dibattito”, come lei lo chiama, verte a mio parere su come le trasformazioni economiche ed ambientali in atto ci impongano di ripensare e ricollocare la nostra posizione rispetto alla Terra Madre.
La sua domanda sull’estetica (“L’estetica pura fa un buon giardino?”), oltre ad avere un’evidente risposta negativa, è secondo me secondaria. I fenomeni estetici sono sempre l’espressione di una visione del mondo e, al contempo, di una congiuntura economica e politica. Sono banalità, ma vale la pena di ricordarle, perché altrimenti non si spiegano il Casoncello e tutti gli altri tentativi di giardinaggio low cost, espressione di risorse economiche ridotte e di una maggiore consapevolezza dei processi ambientali. Lo stile del Casoncello ne è la conseguenza, e il suo ruolo paradigmatico vale assai più del gusto, delle scelte personali (per altro raffinatissime) e delle stesse intenzioni di Gabriella Buccioli. Di nessun rilievo sono quindi il suo carattere personale e gli aspetti di comunicazione e divulgazione da lei sviluppati. Chi ne fa questione si intrattiene sulla foglia perdendo di vista la foresta, commettendo il grave errore di rivolgersi alle faccende private anziché esaminare quelle culturali, cosa che non è in sé illegittima o sconveniente, ma fuori luogo in questo contesto.
Lasciamo poi stare i bambini. Essi hanno diritto alla selvatichezza al massimo grado, hanno diritto a luoghi dove possano fare tutte quelle esperienze che qui Paolo bene spiega e sollecita, ma non pretendiamo che possano entrare al Casoncello e comportarsi diversamente da come dovrebbero a Boboli, al Parco Sigurtà o a Sissinghurst! Io al Casoncello ho pestato accidentalmente la terra, non i fiori, e mi sono beccato un urlo che ha fatto più danni all’ambiente del mio piede. Da quel episodio ho capito molto di più sul lavoro e sulla determinazione della Buccioli che non sulle asperità del suo carattere.
E vengo alla domanda di Silvio su Gilles Clement. Caro Silvio, ho visto il Parc Citroen dieci e più anni fa (una giornata meravigliosa e stravaccata sull’erba), ed effettivamente non posso dire di riconoscere in quel lavoro le basi delle successive teorie del paesaggista francese. E allora? Forse che gli amori “scorretti” di Carl Jung con le sue pazienti non siano stati fondamentali nell’elaborazione delle sue teorie (compreso fargli dire che queste cose non si devono fare), o che dietro l’opera di molti artisti non vi siano altrettante vie di Damasco? Forse che ci sia uno, dico uno, dei giardini di Ippolito Pizzetti che sia all’altezza di una, dico una, pagina da lui scritta? Il mondo del giovane Clement era certamente diverso da quello di oggi, e bene ha fatto questo signore ad esporre le sue opere alle giuste critiche pur di indicare nuovi temi e nuove possibilità, anche quando il suo lavoro sul campo non avrebbe potuto esserne testimone.
Con la sua teoria della guerra e della fionda, Silvio, lei si ostina nella fedeltà ad un’idea di giardino “chiuso”, così come contenuto nell’etimologia del termine. Non è più così. Non lo è perché la gran parte di noi desidera ormai la Natura assai più del Giardino, e assai se ne infischia della stantia diatriba fra natura e cultura, fra spontaneo e artificiale, come se queste categorie autorizzassero di volta in volta certi specifici comportamenti. Io non sono nato sapendo che piantare le carote vicino alle cipolle faceva bene ad entrambe ed evitava l’abuso di pesticidi, ma adesso che lo so e faccio (è una metafora) il paesaggista, perché dovrei ignorare questa tecnica? Da alcuni secoli il giardino è paesaggio (merito di veneti e inglesi, per non parlare dei cinesi), ora è anche ambiente: la sua “artificialità” è obbligata a confrontarsi con società nuove, clienti nuovi, climi nuovi.
Per affrontare questi argomenti con la giusta prospettiva, il Paolo giardiniere ha dovuto (o potuto, questo non lo so), lasciar da parte un po’ il mestiere e far parlare l’uomo di lettere e il poeta presenti in lui, non altrimenti il suo blog sarebbe oggi quello che è (è il secondo concerto per violino, Paolo, poi basta, eh!). Voglio dire, un po’ brutalmente, che la visione del costruttore (nel senso di esecutore) non interessa allo storico dell’architettura. Non voglio mancare di rispetto ad alcuno (e lo dimostra il fatto che stiamo qui a discutere apertamente), ma tant’è. Il giardiniere può rivelare i segreti e la fatica che si nascondono dietro ai risultati più brillanti, ma difficilmente ha da dire sul senso di un giardino se lo affronta solo da quel punto di vista. Infatti le opinioni che ritengo più fragili di Silvio e Andrea sono quelle in cui a forza di controllare che i piedi stiano bene a terra finiscono per tenere sempre in quella direzione anche gli occhi.
Concludo con un giardino di campagna olandese, un farmer garden che ho visto pochi giorni fa. Chiuso da pareti, era composto da un piano selciato a ridosso della casa, a circa un metro d’altezza, e da un prato rasato sottostante. Fra questi, un’aiuola di erba, tarassachi, pratoline, muscari, narcisi a fiore piccolo e brunnere. Il giardino aveva molte altre piante intorno, fra cui numerose erbacee, e un certo gusto per il dettaglio casual, in tipico country style, ma quel ritaglio di praticello era in assoluto la cosa più struggente, per quanto tenesse insieme la semplicità di ciò che è naturale con una culturalissima leggerezza, e sembrasse disposto ad un futuro sfalcio a mano come un qualunque prato alpino.
Farsi problemi di estetica con i fiori dei campi è proprio tempo sprecato, ho pensato.
Eh però questo giardinaggio della Buccioli, a pensarci uno nel praticarlo potrebbe sentirsi in pace con la natura, che tanto abbiamo sfruttato. Un giardinaggio più dolce con la natura, quasi volessimo far pace con essa, come se volessimo riconoscerla per quello che è. Ma allora alla Buccioli e al suo Casoncello, le si potrebbe obiettare, che tanto si può lasciar le cose come stanno, perché mai metterci le mani, perché lei le mani ce le mette eccome. Tanto vale tenere la sua parte di colle a bosco o a pascolo, e allora si i prati sarebbero quel che sono e il bosco quel che è. Così se di natura ci vogliamo meravigliare, che natura sia. Magari torniamo a gestirla e coltivarla per necessità, godiamocela così com’è, prendiamo da essa i frutti che ci da in un ciclo infinito, lasciamoci alle spalle i sentimentalismi, che pure la Buccioli ha e scaturisce, come il più falso del giardino romantico. Che il Casoncello sia allora molto meno falso, così ci pare di espiare i nostri peccati?
Eppure un giardino, che sia stato progettato per ridurre al minimo il consumo, ma che allo stesso tempo riesca a soddisfare i canoni estetici attuali, non è forse dolce tanto quanto la mano della Signora?
Signor Gatto silvestre, mi permetto, quel prato spontaneo ad interrompere la rigorosità del selciato e del green, che stuzzica bene il sentimento di una natura perduta, mi ha fatto lo stesso effetto di una rotatoria in quel di Padova, dove hanno voluto rappresentare un pezzo di campagna veneta, sicché nel traffico ora c’è un circolo con fossato, salici, vite ed erba. Bello sembra, quanto ridicolo e rappresentativo di una ghettizzazione. Ora, quel farmer garden olandese è bello nella sua artificiosa costruzione, oppure è bello per il suo prato spontaneo? Perché quello della casa a me vicina, attualmente disabitata, lo è un po’ meno.
Caro Alessandro, si permetta pure, solo che faccio un po’ fatica a seguirla. Allora le preciso un paio di cose, così vediamo se ho capito le sue osservazioni.
La prima. Il farmer garden, lo dice la parola, è un giardino dentro e intorno ad una fattoria di campagna, senza discontinuità con la stessa. La differenza fra il praticello nel cortile (un cortile tutto fuorché rigido…) e un pascolo di aperta campagna sta nei bulbi, scelti con una certa grazia, lì presenti. Il paesaggio rurale, pascoli compresi, è in ogni caso lontano dalla natura quanto e più di un giardino, così che su altra scala valgono le stesse considerazioni che si fanno circa la sostenibilità di quest’ultimo, con il non trascurabile particolare che da Steiner, a Fukuoka ad altri lì s’è fatto molto più di qualche importante ragionamento. Ragionamento che, a quanto pare, trova invece assai maggiori resistenze fra gli addetti al giardino, professionisti e non.
Io non ho visto la sua rotatoria come lei non ha visto quel prato, ma dubito che il suo paragone sia azzeccato. Comunque: ben venga un ridicolo (ma bello, lei dice) fossato se questo impatta meno sull’ambiente di una rotatoria ad alta manutenzione, magari con melograni centenari oscenamente collocati.
Seconda cosa: IL CASONCELLO E’ BELLO. Assolutamente non capisco tutte queste riserve su un lavoro condotto così bene paesaggisticamente e con criteri così avanzati in termini ” spirituali”. Cosa doveva fare la Buccioli: contemplare il suo pendio di rovi e robinie perché lei ama troppo la natura per disturbarla? Arrivavano Silvio o Andrea a spianare tutto e a farci un cottage garden per mantenere la famiglia e andava tutto bene. Ma la Buccioli no! Lei deve essere pura. Non inquina e non stravolge, moltiplica la biodiversità, crea angoli di benessere e di piacere ma non è mai abbastanza brava, allora giù a dire che è cattiva e vuol piazzarsi sul mercato, neanche avesse l’impresa. Il Casoncello può non soddisfare i “canoni estetici attuali”, caro Alessandro (se lei mi spiega quali sono: quelli di Caruncho, di Peyrone, della Scaravella, di Oudolf?), ma tutta questa polemica e mancanza di umiltà per il suo lavoro è l’esatta misura della sua grandezza, mi creda.
Quindi un pascolo con dei bulbi piantati diventa un cortile. Per me rimane un pascolo dove qualcuno si è divertito a piantare dei bulbi. Di rotatorie ridicole se ne vede ovunque come quella di zola descritta da Paolo o quella di Savigno con 4 filari di vite per creare continuità con le vigne circostanti. Ve lo vedete il paesaggista che sta giorni e giorni al pc per partorire creazioni di questa portata per poi emettere fatture che per noi mortali corrispondono a settimane di vanga. Così impari quest’altra volta volta fai l’avvocato 200 euro una lettera” ma io ho fatto l’università, ho studiato 5 anni” io invece il cretino per 30. Torniamo a noi: il Casoncello è bello, è brutto, è ecosostenibile? non ha nessuna importanza è il suo l’ha creato a sua immagine e somiglianza rispettando il suo credo, i suoi ideali ed il suo piacere personale e come tale è perfetto. Certo che se mi invita e mi tira un verso perchè pesto la terra la informo che non so volare e me ne vado. Quel giardino come tutti i giardini del mondo è artificiale perchè fatto dall’uomo e in quanto tale innaturale. Può essere più o meno ecosostenibile ma ARTIFICIALE. Per assurdo l’unico giardino naturale è quello del vicino di Alessandro dove la casa è abbandonata ma forse neanche quello perchè probabilmente sono cresciute in maniera spontanea le essenze civilmente portate. Poi mi chiedo: ma questo connubio giardino/natura è ben recintato o lascia che cervi daini e cinghiali partecipino anche loro al quadro d’insieme. Come lei Gs chiede rispetto, giustamente per il lavoro della Signora io le chiedo il rispetto per chi ha esigenze diverse. La maggior parte dei giardini che si fanno sono contesti urbani, spesso di ridotte se non ridottissime dimensioni dove vivono famiglie con bambini. Ma portiamoli questi pensatori del giardino a confrontarsi con dei 6×8 e 1000 euro di budget a vedere cosa tirano fuori dal cilindro. Lei mi può dire: un giardino con razze e sambuchi, o bulbi e ortiche, prati con tarassachi e gramigna ed erbe spontanee vedrà che entusiasmo per la sua proposta. Io, Paolo, Andrea e tanti altri lavoriamo per la pagnotta lo diciamo apertamente e non ce ne vergognamo ma i Oudolf, Clement penso che facciano molto marketing con i loro scritti e molte fatture per il commercialista e lo dimostrano proprio le loro creazioni. Da queste considerazioni escludo il Casoncello di cui non conosco il back ground; per me è il giardino creato dalla Signora Buccioli e basta.
Un’ultima considerazione : i canoni estetici sono personali in relazione a qualsiasi cosa giardino,quadro, bicicletta o quant’altro. Nessuno a diritto di erigersi a depositario del bello o del brutto( a parte Sgarbi) se non per la propria personale sensibilità.
in amicizia Silvio
p.s. su Sgarbi ero ironico, spero che a nessuno sia neanche lontanamente venuto in mente altro
Non dubito sulla bellezza del Casoncello, è capitato anche a me di visitarlo. Quello che intendo porre all’attenzione è il rischio che, in nome di un giardinaggio meno artificioso, si butti quello che è stato finora, lo si dichiari morto, passato. In fondo, credo e cerco di spiegarmi, esempi come quello del Casoncello, sono pur sempre interventi umani aventi come scopo l’ornamento dello spazio esteriore e pure interiore, perché così vuole il nostro sentimento che nutriamo verso la natura. Non sono quindi esempi diversi, quanto a ricerca estetica ed etica, dalle opere di Oudolf, Caruncho, Peyrone. A questo punto a me viene il dubbio che in questo periodo storico, si senta la necessità di far pace con la natura e si stia tentando un’approccio morbido, ma non diversamente costruito da come lo intesero a suo tempo gli inglesi. In sostanza la matrice mi pare la stessa, quella di un ritrovare una natura perduta, per il diletto della persona. Se il tema fosse esclusivamente la salvaguardia dell’ambiente, allora bisognerebbe forse allontanare il desiderio estetico raggiunto con artificio, e abbandonarsi al luogo e di esso raccoglierne solo i frutti che può dare, che la gestione e coltivazione possono dare. Sarebbe un’azione dovuta per necessità, dove il desiderio di un luogo migliore sarebbe subordinato al necessario (So comunque che la Buccioli ne raccoglie molti di frutti.)
Intendo quindi che, laddove vi sia il desiderio, inevitabile è lo spreco di risorse. Spreco inteso come non indispensabile alla vita. Dato che l’uomo in se desidera, tanto vale non bocciare uno stile piuttosto dell’altro, ma lasciare la libertà di espressione. Il lavoro da fare secondo il mio umile parere (sottolineo umile) sarebbe invece quello di stabilire la misura della sostenibilità di un giardino e utilizzarla come ulteriore metro di giudizio, così che potremmo bocciare definitivamente il prato inglese al meridione e l’ulivo nel nord-europa.
Quanto all’esempio non calzante della rotatoria, ha ragione a dubitarne, ma non è riferito alla condizione specifica, bensì all’idea di richiamare in tutti i casi quel sentimento per la natura perduta a noi tanto caro.
Per il resto le credo.
Ecco, è stato detto: qualcuno comincia a sentirsi a disagio in mezzo al cemento ma è altrettanto a disagio in un bosco non addomesticato… C’è una nuova sensibilità che sta emergendo e, come sempre non emerge di colpo, ma come succede nel mare, un’onda si forma mentre un’altra sta ancora marciando e convivono entrambe, perché il mare è il risultato di un insieme di onde. Però intanto un’onda nasce e ci piace. Commercialmente parlando dunque è anche interessante anticiparne lo sviluppo. Economicamente parlando, non è più faticosa di un’altra situazione, né meno. Non richiede più competenze ma “altre” competenze. Non toglie ma aggiunge. Aggiunge la speranza che le persone che amano la perfetta pulizia, le strade squadrate, la vita senza sorprese e che usano le piante perché “stanno bene all’ingresso” stupiti del fatto che, pur bagnandole in modo assolutamente regolare, possano ingiallire, aprano gli occhi sulla bellezza dell’imperfezione oppure sulla perfezione della varietà. A che serve? Forse a far prendere coscienza che la natura è viva e ci dà da vivere (sì, anche vendendo piante e spezzandoci la schiena e alzandosi presto la mattina… ne vale la “pena”). Forse allora si prenderebbe coscienza del fatto che la cura di una pianta non è diversa dalla cura del giardino e poi della Terra. Un pensiero troppo grande? E’ il pensiero che appartiene ad ogni lavoro di cui si voglia “nobilitare” il sudore. Cucino per nutrire ma (al di là delle emergenze) anche per dar gusto. Svezzo un bambino per abituarlo a gusti diversi. Ogni fatica è bilanciata nel lavoro dal senso maieutico. Se posso, pur scendendo a piccoli compromessi, svezzare a un gusto che fa aprire gli occhi su quanto di bello già esiste e che posso ricreare sapientemente, è una cosa importante, perché crea una relazione tra me e la persona che mi si affida e tra quella persona e qualcosa che non sapeva e mai avrebbe scoperto. Certo, ogni epoca ha “cercato”. Il giardino barocco era diverso da quello “inglese” ed ora qui stiamo discutendo di una nuova moda o di un tipo di sguardo e di relazione con la parte verde del mondo della quale facciamo parte, volenti o no, anche noi?
Ma dove l’ha letto del pascolo che diventa cortile, Silvio? Ho parlato di una “courtyard”, uno spazio chiuso con un’aiuola-prato posta fra il selciato e il tappeto erboso. Non capisco, sarà che lei è un po’ troppo preso da questa specie di lotta di classe fra lavoratori e paesaggisti che fatturano a sbafo…
In quanto ai 6×8 a 1000 euro: i suoi vari commenti ben rappresentano la cultura popolare al riguardo, tant’è che nessuno di quei giardini ha la benché minima possibilità di ispirare chi li osserva. Quel giardino di Loiano, invece, non è solo il “giardino di una Signora”, non ci avrebbero altrimenti fatto un film (il primo vero film in Italia!), né le avrebbero pubblicato il libro, né verrebbe presentato sulle riviste. Non le sembra abbastanza marcata la differenza? Vada a farci un giro, al Casoncello, e faccia attenzione a dove mette i piedi, perché dove la terra è lavorata e pacciamata non va più calpestata. Chieda alla Buccioli di questa tecnica, se le interessa.
Per il resto le suggerisco di leggersi e rileggersi l’ultimo commento di Emanuela, che è esattamente l’approccio giusto al problema. Ad esso delego anche la risposta ad Alessandro, di cui invidio il tono pacato della discussione che invece manca al sottoscritto e a qualche marines là sopra…
Vorrei completare la risposta di GS a Silvio:più di dieci anni fa ho avuto la fortuna di partecipare ad un laboratorio con Clement, a Firenze, e già allora il Parc Citroen era considerato dal progettista una bella ma vecchia pagina. Il progetto superdisegnato conteneva però anche una particella di “giardino in movimento”, alla fine dei giardini dedicati ai colori/sensi. Dalle stesse parole di Clement, quel campo lasciato “incolto” allora non incontrava grandi entusiasmi, i visitatori si chiedevano come mai nessuno tosasse l’erba e come mai il campo fosse pieno di erbacce, forse non era il momento giusto. Per fortuna Clement non ha gettato la spugna, e quel pensiero bislacco si è dimostrato una grande intuizione (sempre a parer mio, nevvero?!)
PS curioso: Una vasca dei formalissimi giardini acquatici del Parc C. doveva contenere una coltura di “portasassi”, le larve delle friganee, quegli strani vermazzi che si costruiscono la casetta con i sassolini e i legnetti dei fondali sabbiosi e si usano per pescare le trote (mi sembra di ricordare che l’idea gli fosse venuta andando a pesca!), ma, idea veramente balenga/geniale!!! la sabbia delle vasche doveva essere costituita da pietruzze preziose e piccole perle, cosicché, una volta schiattato l’insettuzzo (povero!) al Nostro, rimanevano dei preziosissimi tubicini per creare gioielli. saluti cat
A Gs : ” la differenza fra il praticello nel cortile e un pascolo di aperta campagna sta nei bulbi, scelti con una certa grazia……”sono le sue parole scritte il 27 aprile poco più su.
Si sono molto interessato alla “tecnica” che la terra lavorata e poi paciamata non và pestata. qual’è lo scopo e perchè non va pestata? Chiedo chiarimenti.
Silvio
Carissimi, capisco che molti di voi non hanno visto il Casoncello e giocoforza (deve ancora uscire pubblicamente) il film oggetto di questo post.
Un set di fotografie non è la stessa cosa, ma almeno aiuta: ho deciso di pubblicare una galleria di scatti personali del Casoncello e di Gabriella. L’anno scorso nelle mie due visite ho fatto qualche foto che avete visto nel post dedicato e sul mio account Flickr.
https://attraversogiardini.it/2008/06/02/gabriella-e-il-casoncello/
http://www.flickr.com/photos/attraversogiardini/tags/gabriellabuccioli/
Il Casoncello è un giardino difficile da fotografare, facile è perdersi nella cornucopia di dettagli: una sfida è catturare, cogliere l’insieme. Quest’anno, Gabriella volendo, voglio spendermi di più. Oggi ho iniziato: troverete il risultato nella cartella picasaweb. Nel tempo l’arricchirò.
http://picasaweb.google.it/attraversogiardini/Casoncello#
Un saluto grande e un grazie di cuore 🙂
Gs vorrei un commento a questa frase: “la geometria serve nel progetto del giardino a dare forma e coniugare i concetti”. Inoltre” chi progetta un giardino ha il compito di coniugare l’umano con il naturale”.
Io personalmente condivido queste affermazioni. Altri pensieri?
Non potrebbe essere altrimenti che coniugare l’umano col naturale. Come sarebbe logico che, in architettura si coniugassero i materiali al luogo e di nuovo all’umano. A cosa serve un giardino che non si può vivere? A decorare dei quartieri per poterli vendere meglio? Per guardarlo dalla finestra? (anche se, avere un bel giardino privato sotto le mie finestre- ammetto- non sarebbe male). C’è il problema dell’uso incongruo e dell’educazione delle persone. Ma questo fa parte del gioco. Penso che il giardinaggio, come tutte le discipline, possa essere un linguaggio: possa dunque declinare gli elementi all’interno di una struttura (e di un pensiero) che si dà il giardiniere progettista,esecutore, educatore. Non so se è questo il concetto della “geometria”. penso però che all’interno di alcune poche regole che fanno un linguaggio, poi i linguaggi possono essere molteplici, personalissimi ed espressivi… E secondo me è anche importante che siano ascoltabili, conpartecipi, che diano emozione e che la “fatica” di esprimerli non si veda, se non tradotta in leggerezza. In questo sono matissiana: l’arte deve dare piacere. Ma potrebbe anche non essere così. Questo è soltanto un mio punto di vista. Ecco l’emanuelapensiero… che mi piace mettere allo sbaraglio 🙂
sono stata nei giorni scorsi ai giardini di casoncello. bellissimi.
ho chiacchierato con gabriella mentre lei curava un’aiuola che si perdeva nel prato. l’idea è bellissima: secondo la stagione, secondo che si falci o no l’erba, l’una o l’altro prevalgono, sconfinano, avanzano. un microcosmo mobile che gabriella seminava e zappettava. e poi ho conosciuto il vecchio tonto.
http://bloggatta.blogspot.com/2009/05/il-vecchio-tonto.html.
scusate, nel link c’era un punto di troppo.
il vecchio tonto è qui:
http://bloggatta.blogspot.com/2009/05/il-vecchio-tonto.html
Altri pensieri… (anche se nel frattempo s’è voltata pagina). Devo due risposte a Silvio e una nota a Cat, che scommetto ora si starà godendo la fioritura del sambuco, in giro per l’Italia: mi ha fatto ricordare quei brani di “giardino in movimento” di Clement. Li avevo un po’ sotterrati a vantaggio dei bambini e dei giochi d’acqua sulla piazza inclinata che sta ad un lato del Parc Citroen. Grazie.
Riguardo alla tecnica di coltivazione che esclude ulteriori usi della vanga, speravo che qualcuno più pratico di me le venisse in soccorso, Silvio. Quello che so, sommariamente, è che nell’agricoltura naturale si lavora il terreno una prima volta e lo si mantiene soffice con l’uso della pacciamatura. Per fare in modo di poterci mettere delle piantine in un secondo momento (la cosa vale specialmente per l’orto), si usano coperture verdi temporanee, che si strappano all’occorrenza, come la rucola. E’ un riassunto che può contenere delle imprecisioni, ma questo sito può esserle d’aiuto: http://fukuokafarmingol.info/.
Sulla questione della geometria in parte ha risposto Emanuela. Le dirò che anche per me la questione non è mai formale (ce lo siamo già un po’ detti, questo). Il più spontaneo dei giardini potrebbe essere una discarica di sostanze chimiche a paragone di cento metri quadri di ghiaia, rocce e un acero di uno giapponese. Per assurdo, meno piante ci sono, più un giardino può essere naturale. Però io voglio lasciarla con un paradosso, perché ritengo che ogni vera discussione debba rimanere aperta.
Conoscerà anche lei quella frase del centauro Chirone in Medea. Sono abbastanza ignorante da non sapere se appartenga all’opera di Euripide o alla sceneggiatura di Pasolini per l’omonimo film.
Dice: “Non c’è niente di naturale nella Natura”.
Ma soprattutto inizia con ciò che a mio parere davvero conta: “Tutto è sacro”.
Ho aspettato a scrivere questo commento per potermi documentare sul dott. Fukuoka, che non conoscevo, e sul Casoncello. Dalle sue parole concordo che sarebbe stato meglio che qualcuno più pratico le fosse venuto in soccorso.La pacciamatura non ha le funzioni che lei descrive. Lei Gs conosce poco le pratiche comuni per la produzione, coltivazione e manutenzione delle piante, però beve le parole dei grandi guru come oro colato senza estrapolare le meritevoli considerazioni su una agricoltura sostenibile dalle estremizzazioni tipo: “si può vivere con 1000mq”. Proviamo a non lasciarci sempre incantare da profeti depositari del vero del bello e del giusto, solo per rispetto a qualche migliardo di contadini che nei secoli si sono spaccati la schiena a zappare. Glielo dice lei che sono dei pirla che se applicavano l’agricoltura del non fare( nulla?) avrebbero guadagnato di più e sudato meno. Agricoltori oggi che con 20 ettari tirano la cinghia che se cambiano sistema gli basta per vivere tre campetti da basket.
Poi, si ricorda quei brutti, popolari ed inguardabili giardini che non avranno mai la menzione sulle riviste patinate ne la fortuna di un film a loro dedicato ma sono i giardini che fanno mangiare me e molti altri e soprattutto sono il giardino perfetto per tutte quelle persone che possono permettersi solo quello e di esso sono pure felici. Ma torniamo ora al motivo del contendere ” il Casoncello”: scopri che la Sig.ra Buccioli praticamente dedica parecchio tempo della sua vita a questo giardino e le sue piante sono o spontanee o racimolate in giro, peraltro con notevole perizia e capacità. Tanto di cappello ma quanto di questo metodo è estendibile in benchè minima larga scala oppure chi di noi può permettersi questo dispendio di tempo. Chi può permettersi di tenere delle radioline accese per tenere lontani gli animali alla notte. Chi conosce le piante in maniera così precisa da poter selezionare manualmente le erbacee dalle infestanti. Ormai non ci dormo più alla notte (non è vero) però mi sono/hanno convinto e andrò a vedere quest’icona ecosostenibile ma… se rimango delle mie idee…………………………………….
P.S. Se il Sig. Andrea vuole, potremmo andare insieme, almeno se la Buccioli ci picchia uno scappa e si salva.
Che pazienza Silvio: perdonami ma leggendo questo ultimo commento mi viene in mente la “tigna” dei miei figli di fronte al piatto d’insalata 😉
Carissimo, il giardinaggio è affine al sesso: ci piace in molti modi e diversi, a molti non piace quel che piace ad altri e per alcuni è intollerabile che possa piacere in modi non propri.
Sulla base dell’intollerabile parlare è un rimestar di fuliggine che offende gli occhi e il cuore: nell’invitarti a una sano rilassamento ti dedico ad apologo questo stupendo cartoon.
Vorrei riprendere il finale di Gatto silvestre, a cui fa eco, per opposizione, l’incipit di Silvio contro “i profeti”. Così riprendo un significativo passo della Bibbia: quello in cui Dio permette ad Adamo di dare un nome a ogni cosa del creato (ma Mark Twain sostiene che in realtà fu Eva). Che cosa significa “dare un nome”? Significa distinguere una cosa dall’altra con competenza e conoscenza. Pare che gli Esquimesi distinguano molti tipi di neve, al di là di quella ghiacciata e di quella farinosa. Forse perché per la loro sopravvivenza l’hanno sempre dovuta conoscere bene? Ora, noi perdiamo l’uso del linguaggio e lo impoveriamo, perché conosciamo sempre meno o ci adeguiamo ai dettami del mercato o alla fretta, al dover sopravvivere, sì… ma in un altro modo, spesso sulla realizzazione dei sogni altrui. Abbiamo poco più su, nel blog, un esempio di conoscenza: Libereso. E anche di “generosità” nel trasmettere conoscenza. Qualcuno, tra la fretta, la necessità del lavoro (ovvia e frequente) l’abitudine a un pensiero, l’ideologia e l’adesione a modelli, qualcuno dico sa “ascoltare” la terra che ha sotto i piedi, la gente a cui fa un pezzo di giardino, la necessità non di sovvertire ma di aggiungere conoscenza, in modo da poter di nuovo dare un nome e valore alle cose? Non è questo che bisognerebbe insegnare?
E bravo S.! Ormai ero disperato: non sapevo più cosa inventarmi per reggere la discussione con lei. Ho fatto ricorso a tutti quei quattro concetti che avevo mandato a memoria e non sapevo più come rigirarli per tenere vivo il duello (o triello o tetraello…). Ma per fortuna, dopo solo tre mesi, lei ha capito il bluff, e posso tornare alla mia vita di credulone e piantapatate che legge le istruzioni di semina sul calendario di Frate Indovino, Maestro dei miei Maestri.
TVB (Tanti Veri Bonifici)
Ho appena scoperto il blog e piano piano lo sto leggendo.
Mi ha attirato subito l’articolo su questo film che sarei curiosissima di vedere,è possibile trovarlo? oppure avere il contatto di qualc’uno a cui chiederlo? mi incuriosisce molto sia per la presentazione, che per la “protagonista”, deve essere una persona davvero in gamba e particolare!
davvero complimenti e grazie in anticipo per le eventuali risposte!
Ciao Eilinor 🙂
purtroppo al momento il film non è ancora disponibile in DVD. Ho girato la richiesta alla regista Patrizia Marani. Aspettiamo news!
Patrizia mi ha appena risposto e vi giro la comunicazione:
Caro Paolo, cari amici tutti che avete affollato questa conversazione con tanti pareri diversi ma sicuramente tutti appassionati e attenti al lavoro di Gabriella e al suo progetto di giardino vi comunico una buona notizia:
il film di Patrizia Marani “Paradiso Ritrovato” all’origine di questo bello scambio di idee è stato insignito ieri del premio BIOVERSITY INTERNATIONAL al Festival Audiovisivo Internazionale della Biodiversità di Roma.
Credo sia una buona notizia per il nostro paese e per tutta quella nuova cultura che sempre di più guarda a un giardinaggio sostenibile in collaborazione con tutte le forme viventi ( ebbenesì anche quelle “nocive”!) che popolano i nostri piccoli o grandi spazi verdi e che di questa collaborazione ne fa la “condicio sine qua non” per un non uso di prodotti chimici.
Il film fa capire che questo approccio non solo è possibile ma è messo in pratica scientificamente giorno dopo giorno (a volte con sconfitte ma più spesso con grandi vittorie) in un piccolo territorio chiamato Giardini del Casoncello.
Speriamo, a questo punto, che il film possa essere presto visibile in TV e distribuito in DVD.
Congratulazioni Patrizia, congratulazioni Gabriella! e grazie per il vostro lavoro 🙂
Lucio
Ieri ero a Torino per la rassegna di cinemambiente…purtroppo ho perso il film di Patrizia e Gabriella…spero di trovarlo nelle edicole o sul web…sarebbe una tristezza profonda il perderlo nuovamente!!!!
cara Mariangela, bando alla tristezza! il fatto che il film di Patrizia Marani abbia recentemente vinto il festival Audiovisivo sulla Biodiversità di Roma (e che a Torino sia rienrato nei dieci selezionati) speriamo smuova qualche produzione a commercializzarlo come si deve . nel frattempo puoi trovarlo ai Giardini del Casoncello dove viene proposto ai visitatori
Abbiamo segnalato la vostra bellissima recensione del film sul nostro sito!
E’ uscito il Dvd di “Paradiso Ritrovato”!
ciao