Veloce veloce
Veloce veloce, annoto con rammarico, il mio latitare dal blog. Mi scuso innanzitutto con chi mi commenta e stimola su temi interessanti e meritevoli. Confesso che sto usando il poco tempo disponibile per approfondire quell’idea di “selvatichezza” di cui sempre più vado dicendo. Uso i miei francobolli di libertà studiando e confrontandomi e spero a breve di offrirvi una sintesi, per parole e immagini, che non sembri un semplice invito alla scampagnata (o alla camporella come suggerisce il nostro Gatto Silvestre)
Al momento mi congedo lasciando un elenco di testi che completano la lista presentata nel post precedente. Sono lavori che aiutano a riflettere, alcuni non trattano direttamente del giardino, altri sì, tutti nella mia personale esperienza hanno contribuito alla ricerca di un orizzonte di senso. Mi piace presentare questi scritti in parallelo ai manuali tecnici e pratici. Come sapete non so e non voglio scindere i diversi aspetti che compongono l’esperienza del giardino: il suo sogno, la sua realtà, il pensiero, l’azione, l’utopia, la pratica; tutto è legato, insieme, assieme, come la vita.
Un saluto grande e… Buone letture
Di che giardino sei?: conoscersi attraverso un simbolo di Duccio Demetrio – 2000
L’educazione di un giardiniere di Russell Page – 1994
La botanica del desiderio. Il mondo visto dalle piante di Michael Pollan – 2005
In Praise of Plants di Francis Hallé -2000
Tre cavalli di Erri De Luca – 2002
Il giardino di Pu-ji. L’incredibile avventura di un giovane contadino giapponese di Maria Lambertenghi – 2006
Stanze vuote. Ricordi di una bambina che cresce nell’Umbria contadina di ieri di Rina Gatti – 2006
Essere d’erbe di Luciana Moretto – 2006
Caro Paolo, entro spesso a curiosare nel tuo blog ma ultimamente non mi sono azzardata a intervenire in quello scambio di opinioni tra tecnici specialisti in materia di giardini o giù di lì.
Eppure io stessa sono convinta della interazione tra i saperi: ‘ tutto si tiene ‘ come risulta da una formula acquisita.
Accennavo qualche tempo fa alla mia copia di ‘ Pollice verde ‘ di Ippolito Pizzetti ( ed. 1982 ) talmente malridotta per le continue letture e consultazioni che di recente ho acquistato la nuova edizione: ebbene, non finisce mai di stupirmi l’estrema disinvoltura con cui questo grande uomo passava ( passa ) dal campo naturalistico a quello letterario, filosofico, musicale, pittorico ecc. ecc.
Forse l’estrema specializzazione ( parcellizzazione? ) del sapere rende oggigiorno impossibile approfondire più di una disciplina? me lo vado chiedendo anche sollecitata dai vostri post.
Per concludere: grazie di cuore di avere ricordato la mie erbe.
Come faremmo tutti quanti a sopravvivere – nella marea di guai in cui ci dibattiamo – senza il conforto della natura?
Un caro saluto Luciana
…cara Luciana grazie per queste righe, così pacate e serene dopo tante verbosità che io personalmente trovo inutili… buone letture silvana.
La penna inimitabile di Pizzetti sicuramente avrebbe alleggerito certe verbosità dei commenti precedenti, Silvana. Ma avrebbe voglia di spiegare perché definirle “inutili”?
..perchè scrivere che Paolo “si lava in una Jacuzzi e le photinie le pianta soprattutto se è arrivato il bonifico..” oppure “che sia un giardiniere quasi -pentito con un debole per la camporella…” mi sembra inutile, nn aggiunge nulla alla discussione e al confronto, perciò inutile… li sento solo come attacchi gratuiti e neppure ironici… grazie comunque della sua domanda..buone giornate silvana.
Gentile Silvana,
almeno per quanto mi riguarda, qualche faccina sorridente al termine delle frasi incriminate forse le avrebbe tolto qualsiasi dubbio circa il loro tono affettuoso…
A scanso di ulteriori equivoci, desidero precisarle quanto segue:
1) è mia personale opinione che quello di Paolo Tasini sia il miglior blog “verde” italiano per visione, cultura, generosità. Che egli si lavi nella Jacuzzi* o ecceda nelle camporelle* (cose di cui non sono al corrente) non compromette in alcun modo questo primato.
2) la garbata conduzione di Paolo non può impedire che in questo spazio così interessante approdino tonalità e stili diversi dal suo (e dal suo, Silvana), o argomenti spinosi che invitino all’espressione del proprio punto di vista. Per quanto mi riguarda, preferisco intervenire in questa sede che aprire un mio blog in cui parlarmi addosso*.
3) per essere un giardiniere professionale, mi sembra che Paolo molto si occupi di selvatichezza e di erbazze*. Le parole di Silvio e Cat la dicono lunga su com’è, quotidianamente, questo (bellissimo) mestiere. Dire che è “quasi pentito” significa (forse) aver colto in lui una presa di distanza da un certo modo di lavorare (che Silvio invece intende sostanzialmente accettare, se non mi sbaglio*).
Paolo, potrebbe gentilmente inserire delle faccine sorridenti al posto degli asterischi, scusandomi per il polverone primaverile involontariamente alzato*?
Cordiali saluti a Silvana e a tutti
Concordo con le parole di GS, ne Paolo ne, credo, nessun altro sia rimasto turbato dallo scambio di opinioni. Anzi credo che vedere la realtà con gli occhi di un altro nn possa che migliorarci. 🙂
Ciao a tutti,
anche se non so bene che tono usare… questo piccolo mondo blog si fa composito: Gatto Silvestre che da del lei, Silvio che si lancia in fantasie circa il nostro arredo bagno, Silvana che obietta, Paolo che poco risponde…
Stare in rete è un po’ come stare al mondo, difficile sopravvivere senza evolvere :). E questo è un po’ quello che succede anche al nostro blog.
Ho idea che le ultime evoluzioni siano il riflesso della personalità composita del mio schivo compagno. Ma è anche vero che ogni partecipante risponde ai toni delle proprie corde e non tutti condividiamo tutto.
Io per esempio, come Silvana, come Luciana e come altre voci per lo più femminili mi sento coinvolta dal versante letterario, visivo e poetico più che da quello tecnico. Devo anche dire che lì per lì, ci sono rimasta un po’ male leggendo le illazioni di Gatto Silvestre circa la passione di Paolo per la camporella… un po’ perchè, se non con me, scusi Gatto, con chi?? Devo forse ingaggiare un investigatore privato?! 😈
Scherzi a parte, ci sono un po’ rimasta male perché mi è sembrato di veder liquidare come un qualcosa di banale ciò che banale non è. Proprio no. Selvatichezza non è regressione, dimenticanza, ma è un ritrovare ad un livello superiore, di maggiore comprensione, una sintesi fra ciò che si è diventati e ciò che questo divenire ci ha fatto perdere.
Apro una parentesi di riflessione.
Il nostro sempre amato e spesso riscoperto Hayao Miyazaki ogni poco torna a stupirmi: sabato scorso ci siamo concessi assieme ai bimbi la visione del suo bellissimo film di animazione “Laputa, il Castello nel cielo”. Mi capita spesso di scoprire sue “chicche” che in precedenti occasioni mi erano sfuggite: Laputa è una antica e sofisticata civiltà che 700 anni addietro si estinse lasciando in orbita un castello galleggiante protetto dallo sguardo umano. Dotato di tecnologia inimmaginabile e costruito attorno ad un gigantesco albero, il luogo è ricco di curati giardini. I suoi portentosi robot si dividono fra terribili guerrieri ed attenti giardinieri. La stirpe reale, in grado di accedere a questa terra dimenticata e di riattivarne i poteri, ha discendenza in due opposte figure: Muska, un uomo che incarna l’avidità e il demone del potere e Sheeta, una giovane donna che viceversa sviluppa saggezza e compassione, sostenuta e protetta dall’amico Pazu. L’avido Muska, intento a riattivare l’arsenale dormiente, afferma che “il potere di Laputa è il sogno dell’umanità” e come tale non può morire. Considerando le mire del rivale sul resto del mondo, Sheeta arriva a ricordare perchè la civiltà di Laputa scelse la propria latenza: “per quante spaventose armi si possano brandire, per quanti poveri robot si possano comandare, vivere separati dalla terra non è possibile”. Per questo sceglie di avviare l’auto-distruzione del castello; distruzione che avviene in modo selettivo lasciando illeso l’albero e i suoi giardini.
“Vivere separati dalla terra non è possibile”: la civiltà di Laputa incide questa frase non come un’ inversione ma come la chiusura di un cerchio.
Muovo da questa suggestione per tornare al discorso precedente: selvatichezza è ritrovare la memoria di un sapore in cui da sempre anche noi, parte del vivente, affondiamo le nostre radici. Più che un tornare indietro, è un allargare l’orizzonte, un abbracciare le origini che meglio definisce una direzione e fonda un percorso. Chi non ha memoria non ha futuro o, con altre parole, più lontana è la sorgente, più lungo è il corso del fiume.
Così come la strada che porta alla selvatichezza non è casuale, non lo è nemmeno la scelta dei suoi modi: evitare il superfluo, dedicarsi all’essenziale, riporta pian piano in luce, naturalmente, il valore della semplicità. Selvatichezza è anche, necessariamente, sobrietà.
Sul commento di Gatto Silvestre dicevo che c’ero rimasta un po’ male… è vero, ma solo un po’. Perchè subito dopo mi sono divertita a scovare la leggerezza e l’eleganza con cui il nostro passa a parlare di quel che ha in testa partendo da quel che capita: magistrale! Ed è un piacere leggere le vostre interazioni: il mondo della competenza professionale è l’altro versante di ciò che cresce nell’esperienza di Paolo e se questo spazio diventa luogo di riflessione, di condivisione o anche di scontro mi sembra un bel pezzo di ricchezza in più di cui bisogna ringraziare gli animatori. Ovvio che ci saranno momenti in cui parla un’anima e momenti in cui parla l’altra e che non tutti, sempre, si sentiranno coinvolti.
Quanto alla Jacuzzi e alle photinie piantate solo se c’è il bonifico… Silvana niente paura, conosco un poco Silvio, son quasi complimenti, è parte di una bella schiettezza burlona che mi fa piacere ritrovare anche qui. Se mancasse Silvio, se mancassero i suoi modi, mancherebbe un pezzo di mondo giardiniero e sarebbe un peccato! Buona evoluzione a tutti!! 😆
Grazie Cecilia .
Un Silvio, una Silvana e un Silvestre; una Selva di equivoci incipienti, cambi di significato e scambi di ruolo. Rododendri, Ulivi e Motoseghe prima, Idromassaggi e Photinie poi. Molta Selvatichezza con… “nel mezzo, di tanto in tanto, momenti per volersi bene, in luoghi propri, segreti, e verdi naturalmente”.
Alcuni Bonifici, alcune Camporelle, “parte di una bella schiettezza burlona” (ma solo i primi). Giardinieri salvati e Gatti randagi; Donne che si sentono male (o ci rimangono). Un popolo senza terra, un pianeta che forse non l’avrà.
Ariel, Oberon, Titania, dove siete? Shakespeare è tornato! C’erano le idee: adesso abbiamo anche la Commedia.
GS
Gatto, caro Gatto, i randagi sono i miei prediletti! due li ho già raccattati in giro (e il più bello è pure nero!) – dove si mangia in due si mangia anche in tre: sei accolto!
Come al solito, l’altrui sensibilità è sempre più delicata di quanto non si pensi, e chi di malinteso perisce di malinteso poi ferisce… è il grave difetto del parlarsi scrivendo, ma qualcuno l’ha già detto! Qualcun altro mi ha anche già segnalato che la camporella non è poi una così cattiva idea, a pensarci con cura, ma capirai che anche a me, come a te, piace arrivare a parlar di quel che ho in testa…
Quanto al merito, niente da obiettare: la tua preoccupazione per il pianeta è la mia, è la nostra. Anzi, personalmente è proprio da lì che ha preso il via negli anni Ottanta il mio girovagare culturale: dall’ Ipotesi Gaia di James Lovelock e dall’appassionato appello di Prigogine e Stengers sulla necessità di una “nuova alleanza” fra uomo e natura: dammi un cinque! 😉