Libri 2 (il paesaggio vivente)

Una cincia che si protegge dal freddo in una buca del terreno tutta ammassata ai suoi simili, la sua capacità di mantenere internamente una temperatura estiva, le cellule di una piccola erbacea come la Polymnia che si preparano all’inverno concentrando gli zuccheri e lasciando congelare a poco a poco l’acqua spillata dalle pareti per sfruttare il calore che il congelamento rilascia… Prendo spunti dal bellissimo libro di David Haskell e dal suo metro quadrato di foresta del Tennessee per iniziare questa scorribanda nei libri che più ho amato in questo 2016.
Ho seguito David per mesi, attraverso le sue pagine, e non mi sono mai stancato, sballottato tra insaziabili cicaline che succhiano linfa vegetale per un quantitativo duecento volte il loro peso secco e zanzare femmina che prelevano le proteine del nostro sangue per la loro prole. Mi sono spaventato con i virus che si intrufulano nella vita come odiosi kamikaze e mi sono innamorato dei corteggiamenti lenti di due chiocciole lussuriose.
Per un anno il Professor Haskell è andato quasi ogni giorno nel pezzettino di bosco prescelto e da lì, il suo sguardo caleidoscopico, ha trovato linfa per infiniti racconti resi in una narrazione densa, laica, morale, che ci aiuta a collocare la nostra vita e i nostri desideri in un contesto di senso più ampio e partecipato.
Empatia, stupore, il bisogno di tornare ad un’umiltà intelligente e compassionevole ecco i regali di questo amabile testo.
(La foresta nascosta. Un anno trascorso a osservare la natura di Haskell David tradotto da Daria Cavallini)
Che la nostra conoscenza dell’imponente trama di relazioni, di interdipendenza tra esseri viventi sia sempre più ricca e sorprendente ce lo ricordano altri due grandi divulgatori americani, Darke e Tallamy nel loro lavoro del 2014: The Living Landscape: Designing for Beauty and Biodeversity in the Home Garden. Pubblicato dalla Timber Press il volume si rivolge direttamente a noi giardinieri e alla nostra ossessione di guardare le piante per il solo valore decorativo.
I due ci lavorano lentamente ai fianchi offrendoci osservazioni che obbligano a uno sguardo nuovo e, in termini di giardino, a tecniche progettuali e manutentive radicalmente diverse da quelle apprese dalla tradizione.
Prendiamo ad esempio il concetto di pianta nativa (finalmente il mio tormento sul tema autoctone/aliene ha un suo punto d’approdo).
Nativa è una pianta che si è evoluta in un determinato habitat per un tempo abbastanza lungo che gli ha permesso di stabilire relazioni vitali e specializzate. La relazioni stabili tra piante e altre forme viventi creano legami complessi e prendono molto tempo per svilupparsi.
La maggior parte degli insetti è in grado di riprodursi solo su piante con le quali ha avuto una storia evolutiva (l’esempio dell’Asclepias e della farfalla monarca che solo su di essa può deporre le uova è un classico). Se gli insetti non hanno la loro casa (nicchia ecologica) la catena alimentare ai piani superiori si complica non poco: gli uccelli in particolare hanno bisogno di insetti per sopravvivere e gli insetti hanno bisogno di piante autoctone.
Come giardiniere Darke propone una griglia di lavoro che definisce Layered Landscape of Native Plants. Il punto di partenza è l’individuazione degli habitat naturali indagati tramite la categoria dei layers, verticali e orizzontali.
Ai livelli verticali che descrivono essenzialmente il mondo vegetale nei suoi elementi costitutivi ovvero alberi piccoli e grandi, arbusti, rampicanti, erbacee di varia natura, si accompagna il livello del terreno the ground layer ovvero il luogo ove il miracolo della decomposizione prende vita.
Alla vista verticale si affianca quella orizzontale che parte dai bordi del bosco ed entra nelle fustaie, nelle zone umide, nelle radure, nei bordi delle aree acquatiche. Più i livelli orizzontali e verticali sono rappresentati in tutta la loro varietà più un’altro piano si inserisce con forza ed é quello delle nicchie ecologiche (niches) in grado di ospitare vita: gli uccelli in particolare sono un ottima cartina tornasole di questo meraviglioso gioco d’incastri.
Differenti specie di animali selvatici, in particolare uccelli, vivono a diverse altezze. Avere più livelli di vegetazione in giardino permette agli animali la propria nicchia ecologica. L’assenza di un determinato livello vuol dire perdere determinate specie.
Tordi, scriccioli, passeri canterini al piano terra, pigliamosche, cardellini, colibrì, codibugnoli al piano arbustivo. Gufi, ghiandaie, regoli, picchi, capinere, picchi muratori nella piccole alberature ed infine pigliamosche, crocieri, rondini, corvi, colombe fasciate e lucherini ai piani alti.
tratto da http://wdfw.wa.gov/living/landscaping/
Qui si inserisce il tema degli ambienti sempre più determinati dalle nostre attività e dalla proliferazione conseguente di piante colonizzanti poco inclini a creare habitat particolarmente ricchi. Le indicazioni su come intervenire per accelerare il processo di trasformazione verso una maggiore complessità e stabilità sono preziose: un buon viatico per ulteriori approfondimenti.É una visione tridimensionale, concepita interamente da un’ottica naturalistica. A tal proposito Darke propone l’integrazione con un layer culturale ovvero un piano di lettura di tutti quegli eventi di agricoltura, industria e in generale pratica umana che hanno avuto o hanno influenza sulla condizione dei luoghi.
Pe chi segue come me Rick Darke dei suoi primi grandi lavori ( The American Woodland Garden: Capturing the Spirit of the Deciduous Forest) questa lettura è anche un bellissimo capitolo di un percorso di approfondimento originale ed appassionante. Chapeau mister Darke.
The Living Landscape: Designing for Beauty and Biodeversity in the Home Garden by Rick Darke, Douglas W. Tallamy
A questo punto per libere associazioni cambio completamente il set di lenti e vi propongo un libro di letteratura (purtroppo fuori commercio in Italia): Prateria Una mappa in profondità di William Least Heat-Moon.
Ancora uno spazio di osservazione ristretto: pochi chilometri quadrati nel mezzo dell’America rurale. Siamo nelle praterie della Chase County, sperduta contea del Kansas e ci siamo attraverso un lavoro minuzioso, un lento ruminare di osservazioni, pensieri, dialoghi con gli abitanti, ricerche, mappe a più dimensioni. William Least Heat-Moon parte dal disegnare un semplice reticolo sulla cartina della Chase County, di forma pressappoco rettangolare; la suddivide in dodici zone, e si propone di esplorarla, un riquadro per volta. Il suo progetto lo terrà impegnato per sei anni.
Ma é soprattutto il vagabondare dell’autore, al di là delle intenzioni, delle mappe, il continuo perdersi e ritrovarsi in quella immensa distesa d’erba aggredita da due secoli di attività dell’uomo occidentale che da spazio vuoto, spaventoso, diventa, esperienza dopo esperienza, se non ideale di bellezza quantomeno luogo vivo, pulsante.
L’erba alta é oggi per noi giardinieri il must del momento. La grassland degli States oggi é un’ecosistema a rischio. Ogni due anni la National Wildlife Federation istruisce un dossier sulle condizioni sempre più preoccupanti di questo patrimonio.
Riuscire a comprendere i fili non solo naturalistici o storici ma anche e soprattutto umanistici che compongono i luoghi é una grande scommessa e c’è bisogno di buona scrittura perchè tutto ciò si possa intrecciare, contaminare, infine trasformare in un meraviglioso humus linguistico.
Humus: si il giardino è anche parola, racconto, senso.
Buone letture 🙂
Prateria Una mappa in profondità di William Least Heat-Moon tradotto da Igor Legati
L’immagine di copertina è presa dal Blog di James Golden http://federaltwist.com/early-summer/
Yeahhh! Aspettavo questo momento! Paolo non ne sbaglia una. La foresta nascosta mi ha davvero appassionata. Gli altri mi saranno più ostici per l’inglese ma chissà che questi suggerimenti non inducano qualche buon editore a darsi da fare per la traduzione.
Grazie Paolo!
Grazie per i suggerimenti. The living landscape è solo in inglese o lo si trova anche in italiano? Ciao
*Marco Goria* *Simone Nigra*
Purtroppo solo in inglese… Bye