Il bosco giardino
Tanti anni fa, all’uscita di scuola, di questi giorni, una nonna e il suo nipotino si avventuravano nella boscaglia vicina. Il bambino ero io, non molto felice a dire il vero: c’era un quasi lavoro nel nostro vagare silenzioso e… Uffa, volevo gli amichetti, non il bosco o i fiori… 😦 🙂
Il ricordo affiora perchè è di nuovo tempo di colori nei boschi: i fiori sbocciano veloci e da noi sono ellebori, primule, pié di gallo, bucaneve. E’ la festa arlecchina prima che i giganti alberi si sveglino e oscurino tutto. E’ il momento più bello, assieme all’autunno. In questa allegria i gialli limone e i blu violastri sono i colori dominanti. Le primule si intonano con le viole, gli ellebori con le polmonarie. I narcisi stanno da soli: narcisi di nome e di fatto.
Belli sono i fiori ma non solo, avete mai visto (e toccato) le lucenti orecchie verdi delle giovani farferugini?
Difficile superare certi scorci che la natura sa offrire. A Bologna un bellissimo esempio di quello che io intendo per bosco giardino sono alcune aree interne al Parco di Villa Ghigi (tanto trascurato il mio amato Arboreto quanto curato questo meraviglioso angolo di collina).
I Ghigi, nei secoli, sono stati una delle più “importanti” famiglie bolognesi, la loro tenuta agricola sulle colline ha avuto uno sviluppo con attenzioni giardiniere grazie soprattutto ad Alessandro Ghigi, zoologo di fama e a lungo rettore della nostra Università nei primi decenni del secolo scorso. Di quel periodo sono diverse le introduzioni vegetali tutt’ora presenti (ad esempio alcuni deliziosi faggi che sfidano al riparo di una gola le caldane di pianura). Il complesso è oggi un magnifico parco pubblico che ospita un attivo centro di documentazione ambientale.
In questi giorni, le aree che più mi appassionano, sono gli anfratti prossimi ad un minuscolo ruscello naturale, il rio Fontane. E’ qui che riesco a ritrovare la cornucopia di sottobosco che ha segnato la mia infanzia (a proposito, grazie Nonna 🙂 )
Provo a dire qualcosa sul bosco giardino: è un’espressione che ha tante radici, antiche e moderne, colte e popolari. Il bosco giardino richiama l’hyle sacro caro agli antichi greci; all’altro capo della terra possiamo rifarci alle pratiche dei monaci Taoisti. Faccio un accenno a queste ultime perchè sicuramente meno conosciute. Mi piace ricordare che nel Taoismo si intende il giardino come un contatto, una proposta con la naturalità del mondo, un agire che tende al raggiungimento di equilibri e integrazioni sempre maggiori tra gli esseri viventi. In questo senso il coltivare è un’invito alla vita, come i fiori alla venuta degli insetti, le pietre alle nuvole, gli alberi al vento.
Il bosco per la concezione taoista è il compimento di una armonia, il bosco giardino è allora un’armonia coltivata che ci comprende e ci mette in relazione con il tutto.
Altre idee scorrono nelle vene del concetto di bosco giardino: dalla natura addomesticata dei giardini di William Robinson che ha nel bosco il suo punto d’approdo, alla wilderness dei moderni giardinieri naturalisti come Rick Darke, al rigore ambientalista unito alla fantasia dei vitalissimi Dave Jacke e Eric Toensmeier con le loro proposte per foreste commestibili. Su quest’ultimo tema un grande pioniere è Robert Hart di cui vi invito a leggere il prezioso Forest gardening. Infine vi lascio con un video su Martin Crawford e il suo bellissimo Martin Crawford’s forest garden.
Un saluto grande 🙂
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5 Responses to “Il bosco giardino”Trackbacks
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[…] giornata al Parco di Villa Ghigi, il bosco giardino, il parco agricolo della nostra città di cui qui vi ho parlato e che in questi giorni è un vero incanto di […]
I like that Taoist philosophy – it’s my goal in my little woodland garden.
I very much enjoyed this post … the French translation was much better than the English one, I discovered! Naturalistic gardens are beautiful for their air of tranquility that contrasts often with our daily lives.
Thank you so much for the lovely lyrical comment you left on my blog.
Hi,
Its really fantastic to read this kind of the post.This is really a good creation. This is really awesome …. Thanks.
Giusto per ricordare che pochi sanno che Alessandro Ghigi è stato anche un razzista caparbio, vicepresidente della Società Italiana di Genetica ed Eugenetica (SIGE), che ha partecipato ai congressi internazionali delle società eugenetiche, che ha scritto libri disprezzando ebrei, neri ed altre etnie, che ha firmato il Manifesto della Razza del fascismo nel 1938 con cui ebbe inizio la discriminazione degli ebrei in Italia. Basta scavare un po’ dietro la facciata rispettabile di Ghigi per trovare notizie inquietanti, talvolta rimosse dalle biografie ufficiali. Nel suo libro “Problemi biologici della razza e del meticciato” (Zanichelli, Bologna, 1939), Ghigi descrive il tema delle degenerazioni causato dall’incrocio con razze nere che sarebbero “evolutivamente inferiori e geneticamente incompatibili”. Per quanto riguarda gli ebrei, nel libro di Giorgio Israel e Pietro Nastasi “Scienza e razza nell’Italia fascista” (il Mulino, Bologna, 1998) si ricorda che due fautori della politica razziale mussoliniana come Guido Landra e Nicola Pende parlano di Alessandro Ghigi come di “uno dei razzisti più estremi”. Ghigi era un seguace delle teorie di Thomas Malthus, che vedeva nella crescita della popolazione una minaccia alla natura. Coerentemente con il pensiero darwinista secondo cui in natura sopravvive il più forte, Ghigi aveva abbracciato l’idea eugenetica più radicale, quella di stampo anglosassone e teutonico, secondo cui bisogna applicare una selezione delle razze per moltiplicare i forti ed eliminare i deboli.
Ne parlo più approfonditamente nel mio blog Ambientalismo di Razza