Invito alla selvatichezza

E’ ferragosto ed ho tempo finalmente per affrontare un tema che mi è caro.  Smilie by GreenSmilies.com

Andiamo con ordine e partiamo da una battuta a me rivolta:

Scenda subito dall’albero e soprattutto faccia scendere il bambino!

Così fummo apostrofati io e Federico da una signora elegante, con figlio e tacchi, tempo fa al parco sotto casa. A nulla valsero le mie spiegazioni di giardiniere e papà. L’albero in questione era un robusto Acer campestre a più fusti, non più alto di 5 metri, che avevo scelto per le sue caratteristiche facili all’arrampicata.

Lei come adulto dà un cattivo esempio a tutti i bambini presenti al parco: e se è pure del mestiere la cosa è grave: dovrebbe sapere che non ci si arrampica sugli alberi, è vietato!

Passato l’effetto “bastonatura”  ho cominciato a mugugnare stile Muttley; poco dopo le mie rotelle sferragliavano. Pensiero dopo pensiero sono arrivato alla conclusione che sempre meno mi piace la condizione dell’infanzia che ho sotto gli occhi, il parco sotto casa che i miei figli frequentano è la mia cartina tornasole, assomiglia più a uno showroom per esibizioni tecnologiche che ad un giardino: occupatissimi genitori si dividono assieme ai figli il giocattolame moderno, palmari e ipod vs. playstation e automobilette elettriche.

Impegnati con  tutta questa tecnologia gli spazi a verde non possono essere vissuti che alla stregua della cameretta, uguali alla sala TV, uguali all’ufficio… Il parco è puro sfondo, quinta, messa in scena da non toccare (ovvero non salire sull’albero, non bagnarsi le mani nel laghetto, non raccogliere il fiore d’aiuola, ecc.) Il giardino è tutto in funzione dell’estetica e della sicurezza: le piante sono cercate vistose, il più possibile in fiore, devono essere altresì sicure, senza spine, atossiche, neutre…. Il prato non deve essere altro che un colore, una moquette rasa e soffice (dagli all’erba alta che nasconde le insidie). Il gioco dei bimbi è indirizzato in strutture ad hoc, costosissime, certificate: acciaio legno gomma e non una goccia di linfa.

Quanto siamo lontani da un rapporto con la natura, dal provare quella maternità della terra che si esprime nel lasciarsi andare alla scoperta di un frutto, di un fiore, di un ramo come di una pozza d’acqua: di qualcosa per noi, qualcosa che testimoni in maniera inconfutabile il nostro essere legati con gioia al vivente. Privare i bambini di luoghi che offrano un senso di avventura, che si aprano alla scoperta dell’infinita ricchezza naturale è un delitto che come adulti quasi non ci accorgiamo di compiere.

D’altra parte siamo noi i primi responsabili: i bambini apprendono dalle azioni e dalle emozioni più che dalle parole e se la gioia che noi proviamo è tutta spesa nello smanettare l’ultima diavoleria High Tech è chiaro che la nostra infanzia per quella strada ci seguirà. Se poi a questo si aggiunge il potere della comunicazione mercantile ecco che la frittata è fatta e ci si trova tutti insieme sepolti di tecnologia con occhi e cuore docilmente intrappolati.

Sarebbe bello che coloro che pensano i tempi e gli spazi del nostro vivere comune potessero considerare con un po’ più di attenzione questi temi. Spero sempre che nell’infanzia di chi decide ci sia qualcosa di simile a un pomeriggio assolato a cogliere rusticane e il ricordo di una fresca giornata al torrente.

Con questo post voglio tentare un “invito alla selvatichezza”. Per selvatichezza non intendo uno sciocco ritorno alla rozzezza e alla rusticità, ma un’esperienza di natura che offra quel pizzico di sapore selvatico capace di accendere il desiderio di esplorazione,  di conquista passo dopo passo, stagione dopo stagione, esperienza dopo esperienza e non importa se siamo in campagna, nel bosco o in giardino.

Il contatto vivo con la natura è la chiave: ad esempio in un parco come lo penso io, che inviti alla selvatichezza, sono necessarie piante per arrampicarsi, frutti da raccogliere, rami e foglie per costruire, è necessaria l’acqua che scorre, sono necessari bambini con occhi aperti e mani leste e fiato, perché in natura senza fiato non si avanza… E’ necessaria la fiducia nella forza dell’esplorazione autonoma: a tratti è bene che noi adulti si faccia un passo indietro; ciò non vuol dire disimpegno ma attenzione e lavoro dietro le quinte, vuol dire preservare e coltivare i luoghi, vuol dire valutare le forme di quella  minima – ma indispensabile – presenza, volta ad introdurre saperi, percorsi e possibilità. Agli adulti è chiesta sincerità nel loro essere per primi desiderosi di avventura e, cosa fondamentale, l’utilizzo della narrazione, non solo sui luoghi dell’azione ma ad ogni occasione, dalla sera prima di addormentarsi, ai momenti conviviali: la tavola, l’automobile…

Vi lascio con alcune immagini dei miei figli e dei loro amichetti: confido nella loro forza. Date un’occhiata e ditemi cosa ne pensate.

https://www.flickr.com/photos/attraversogiardini/collections/72157610945994999/

 

 

 

Comments
24 Responses to “Invito alla selvatichezza”
  1. Vito Sackwille ha detto:

    ….però questi “guardiani del giardino pubblico” basta dargli un incarico e si sentono subito tutori della salute dei bambini, ma non saranno stipendiati dalla Sanità locale, l’Italia non è forse il paese del doppio lavoro?? Perchè se non è così, mi riesce proprio difficile capirli….

  2. equipaje ha detto:

    Bellissimo post Paolo, l’argomento è dei più interessanti e sta molto a cuore anche a me.
    Come esperienza personale posso dire di aver passato buona parte della mia infanzia a salire sulle piante e a fare capanne nei boschi e nei campi di grano; poi mi sono inurbata presto ma è rimasta costante, anche da grande, la ricerca di “contatto” con la natura: montagna, arrampicate, camminate, neve, “esplorazioni” marittime di posti deserti, giardinaggio e via discorrendo. In questo mio fare ho cercato sempre di coinvolgere, quando è stato il momento, il mio pargolo. Beh, terrificante! 🙂 Quello non ne voleva sapere di tutto questo movimento e quest’avventura, era un prudente sedentario che mi schifava per le costruzioni Lego 😀 Adesso ci rido, ma all’epoca la delusione non fu piccola… e insomma tutto questo per dire che il coinvolgimento per decreto e/o per contagio e/o per imitazione nel mio caso non funzionò affatto. Sob! Il figlio poi un po’ cambiato con gli anni, ma in modo molto composto e contenuto 🙂

    Davvero straordinari i versi di Luzi, grazie!

  3. Lidia ha detto:

    Ciao paolo, leggo questo post tramite un link lasciato da Koki sul forum di compagnia del giardinaggio.
    Già motli anni fa il problema era sentito anche a livelli medi della popolazione di giardinieri. Ippolito Pizzetti definisce queste persone figli della cultura della Grande Madre Massaia Mediterranea. Ma ancora meglio analizza il problema quando parla del modo moderno di vedere la campagna, come un’entità divisa dal mondo cittadino e non fruibile dalle persone.
    Sarebbe anche da dare un’occhiata a “Ontologia e teleologia del giardino” di Rosario Assunto, che forse per le sue idee politiche, sembra pensarla un po’ come la persona che ti ha apostrofato nel parco.
    Una riflessione molto interessante, grazie.

  4. luciana moretto ha detto:

    piuttosto sconfortata circa il futuro nostro e soprattutto di figli e nipoti lascio ai versi di Luciano Erba la rappresentazione di una lieta selvatichezza

    Gli ireos gialli

    I ragazzi partiti al mattino
    di giugno quando l’aria sotto i platani
    sembra dentro rinchiudere un’altra aria
    i ragazzi partiti alla pesca
    con un’unica lenza ma muniti
    di un paniere ciascuno a bandoliera
    in silenzio ora siedono sul filobus
    avviato veloce al capolinea
    e il sogno rifanno che Milano
    abbia azzurre vallate oltre il Castello
    dove saltino i pesci nei torrenti.
    Sui prati rimane un po’ di nebbia
    la tinca nella sua buca di fango
    ricomincia a dormire. Mattiniera
    la carpa perlustra attorno ai bordi
    di un tranquillo canale. La carpa
    è astuta e non abbocca mai.
    I pescatori non avranno fortuna. Ma
    risalendo i canali e le roggie,
    di prato in prato, di filare in filare,
    arriveranno i ragazzi dove è fitta
    la verzura dei fossi, dove gialli
    sono i fiori degli ireos e come spade
    le foglie tagliano fresche correnti
    sotto l’ombra dei salici.
    Arriveranno fino ai fiori lontani
    i pescatori senza ventura
    i ragazzi in gita nella pianura!

    un caro saluto luciana

  5. annarita ha detto:

    Foto piene di dolcezza e di allegria che non hanno bisogno di commenti. L’argomento è delicato e importante, il rapporto con la natura nasce nella nostra infanzia e condizionerà tutto il nostro sviluppo di esseri razionali e pansanti, ma si spera non solo tali!
    Ciao, Annarita

  6. giulia ha detto:

    Bellissimo post che tocca un argomento molto importante. Molto bello il tuo blog, Giulia

  7. Charlotte ha detto:

    Un saluto dalla Norvegia.
    Mi manca L`emilia Romagna…
    Qui in Norvegia la stagione sta finendo. O forse no? Chissa, con il tempo strano che si trova ultimamente.

  8. Stefano ha detto:

    Ma che bel sitarèn 🙂

    Anche se è un po OT, complimenti per il tuo sito!
    Mi ha fatto un pò sorridere il post, visto il lavoro che faccio sicuramente quel “guardiano del verde” avrà certo chiamato un mio collega per avvisarlo del turpe utilizzo del giardino condominiale!!
    Sia mai che i bimbi si divertano con delle cosine semplici… che peccato 😦

    Io da bimbo mi arrampicavo sempre sul ciliegio di una mia zia in campagna ad Altedo, soprattutto quando era pieno di succose ciliegie (quelle vere!).

    Bye.

    Stefano

  9. emanuela ha detto:

    Arrampicarsi, appiccicarsi con la resina, sentire il profumo del legno vivo, dei frutti, schifarsi o incuriosirsi di zampette, antenne, leggere una storia nei cerchi del legno, leggendo le tracce di un tarlo, di un ramo caduto, di un inverno freddo … è prendere contatto con la materia delle cose: il peso, la dimensione, la forma, i colori… E’ prendere contatto con le regole della natura: la vita, la morte, la paura, il coraggio, il piacere… E’ prendere contatto con il respiro del mondo e noi che ne facciamo parte. Come si fa a privare i cuccioli del respiro? I pulcini da allevamento non possono essere felici.
    Fondiamo il movimento per i bambini selvatici? Io ci sto!
    Emanuela

  10. Cioccolatamara ha detto:

    Sono assolutamente d’accordo. Vivo in un piccolo paesino di pochi abitanti, a 800 m d’altitudine, circondato dai boschi. I bambini che vivono qui sono davvero diversi dai bimbi di città. anche se la città è ai nostri piedi, a pochi minuti di macchina. Eppure crescere così a contatto con la natura mi pare li renda più aperti e spontanei. Socievoli e felici.

    Aderisco anch’io al movimento per i bambini selvatici e, perché no, anche per gli adulti selvatici (non selvaggi che di quelli ce ne sono anche troppi…!).

    Auguroni e complimenti
    Cinzia

  11. Kong(Zong) ha detto:

    Mi pare che il richiamo alla selvatichezza sia una delle tante “miopia generazionale” tipo: “questi giovani non sanno stare al mondo”, che da tanto tempo accompagnano l’evoluzione (o anche involuzione per non dare giudizi) della nostra società.

    Il jazz, i fumetti, la minigonna, le figurine panini, il Commodore 64, sono stati fenomeni di massa (culturali?) che hanno visto l’amore dei giovani ed il contemporaneo rifiuto delle diverse generazioni di genitori che (ri)proponevano i propri modelli di: “socializzazione”, di “respiro del mondo”, di “condizionamento dello sviluppo di esseri razionali e pensanti”.

    I 35-55 enni che qui invitano alla selvatichezza sono probabilmente genitori che (ri)propongono il loro modello senza pensare troppo che qualcosa è cambiato.
    Se l’inferenza generazionale è giusta sono ex-bambini che vivevano in campagna, oppure cresciuti “liberi dai genitori” nelle periferie cittadine ancora piene di campi coltivati e/o bambini con una pletora di parenti viventi residenti in campoagna e pronti a liberarli nei campi tutti i fine settimana o per i 4 mesi delle vacanze estive (la scuola iniziava l’1 ottobre).

    Oggi, la gran parte dei bambini vive in città con 4 giardini pubblici in croce, in condomini circondati dall’ADSL (non dai campi coltivati) con pochi amici per via del calo demografico e -di fatto – veramente liberi (condicio sine qua non per essere selvatici) solo quando sono in camera loro. In ogni altra situazione l’occhio vigile dell’adulto li segue perchè “il mondo è cambiato ed è pieno di pericoli…”

    Ecco perchè ho il dubbio che sia generazionalmente miope (seppure triste perchè anche io ho i miei 43 anni e 2 figli piccoli) un richiamo alla selvatichezza del tipo descritto in questo blog.
    I nostri bambini hanno si ancora bisogno (cito da Paolo) “di quel pizzico di sapore selvatico capace di accendere il desiderio di esplorazione, di conquista passo dopo passo, stagione dopo stagione, esperienza dopo esperienza” ma forse non è più possibile chiedergli che lo soddisfino attraverso i nostri “vecchi” modelli.

    Purtroppo, caro Paolo, sono tempi morti quelli dove gruppi di bambini circolavano liberi per boschi con il solo vincolo di tornare per cena e non mangiare le bacche (che poi grazie alla assoluta libertà si assaggiavano regolarmente).
    Nel “giardino” di oggi un bambino non potrò mai rivivere il nostro modello, gli manca la libertà di agire (cosa facevi tu vicino a tuo figlio?). Senza libertà, il desiderio, il sapore, l’esperienza autentica – quella non indotta da un genitore che invita alla selvatichezza – potranno venire solo dalla play station, dalle carte di dragonball, o dall’ultimo strumento hi-tec. Solo in queste attività, infatti, siamo tutti disposti a “mollare la presa” sui nostri figli mantentendo nel migliore dei casi, il solo vincolo sul minutaggio “dell’esposizione”.

    Ecco che è “in camera” davanti al video che i bimbi riescono ad essere lontani, nascosti e liberi dal condizionamento dell’adulto; sono spontanei, selvatici appunto!

  12. Paolo Tasini ha detto:

    Eccomi qua! Scusate il ritardo ma per le ferie ho voluto un poco staccare…
    Ringrazio tutti per questa tornata di commenti: l’idea di Emanuela è molto suggestiva ma il misterioso Kong ha piazzato un bel siluro… io sono sempre un poco lento e ho bisogno di tempo per riflettere… 🙂

    Ah, ieri ho cancellato un commento di Gigetto la Peste causa assoluta indecenza: eh Gigetto, quando ci vuole ci vuole 😉

  13. Cioccolatamara ha detto:

    Condivido in parte quanto scrive Kong. Il problema lo vedo piuttosto nel fatto che la selvatichezza davanti al video quale opportunità di fuggire da genitori troppo opprimenti comporta dei forti limiti. Infatti tanti genitori non concedono loro questa possibilità (giustamente) in quanto il video comporta una serie di rischi e pericoli e quindi sono costretti a controllare anche quello spazio. Non che nei boschi e nei prati non ve ne siano! Ma forse i bambini hanno innate capacità per evitare o riconoscere da sé la maggior parte di quei pericoli. Mentre a quelli del mondo virtuale sono esposti senza difese.

    L’altro discorso è più di carattere sociale. Purtroppo davanti al video ci si può stare per ore da soli. Fuori prima o poi incontrano altri bambini e si creano gruppi e amicizie.

    Penso anch’io che non si possa fare a meno di vivere nel mondo e nel tempo in cui siamo nati. Ma questo non significa accettare incondizionatamente e senza mettere in discussione quanto ci viene offerto. Così come la Natura deve poter restare un’alternativa al televisione e al computer.

    Cinzia

  14. cat ha detto:

    I miei figli possono godere di parecchia selvaticità fortunatamente, tra campagna dai nonni, giardini pubblici non troppo addomesticati, e boschi a pochi minuti di macchina, credo siano un po’ un’eccezione. Il rapporto con la natura un po’ selvatico, che “mi scappa” di proporre è quello che, non vorrei mai ammetterlo, mi ha fatto provare mio padre.
    Da ragazzo mi sembrava una tortura, come deve essere un modello proposto dai padri! ma superata la boa dell’indipendenza, l’esperienza naturale un po’ selvatica è stato un piacere che ho saputo godermi pienamente, e che quindi voglio assolutamente almeno proporre ai miei figli.
    Capisco anche la posizione di king zong (bel nome!), probabilmente abitante con i suoi pargoli di una grande città, dove l’esperienza più selvatica che si possa fare è schivare le cacche di cane ai giardinetti, dove tutto deve essere “a norma” colorato e sgargiante come piace ai bambini (ma quando??). capisco la tua posizione king, e ammetto che non sia facile trovare soluzioni alla selvatichezza “virtuale” (ohnno, l’ho detto!), quello che non capisco – dato che conosci il gusto delle bacche proibite – è come mai sei così rassegnato?? saluti così selvatici che ‘sta volta non uso nemmeno il deodorante, cat

  15. cat ha detto:

    dimenticavo: i miei figli c’hanno le dita plasmate a game boy, e con internet sono più sgagi di me! cat

  16. GIGETTO LA PESTE ha detto:

    Paolo, questo blog sta diventando giustizialista e anche un pò perbenista…. 🙂

  17. Giovanni B. ha detto:

    Bel post.
    Pur apprezzandone l’intervento “contrario”, non condivido invece il termine “miopia” usato da Kong (Zong): nessuno ci sta imponendo questo stile di vita fatto di ADSL e di ossessione per l’igiene (“non toccare” “non raccogliere” …), ma ce lo stiamo cercando noi. Perchè è più comodo: i bambini si sporcano meno, sono meno vestitini da lavare, per noi papà e mamme è meno faticoso seguirli, lasciandoli davanti al pc abbiamo più tempo per noi, è più facile scendere ai giardinetti che andare in campagna etc. etc. etc.

    Ecco perchè non reputo miope pensare di proporre ai propri figli anche l’esperienza del contatto diretto con la natura, anzi.

    Buona giornata a tutti

  18. silvio ha detto:

    Ciao Paolo, che bello vederti svolazzare ancora sulle “nuvole di una lieta selvatichezza”.

    I tuoi figli sono fortunati ad avere un padre che non solo li fa salire sui rami ma gli parla di un acer campestre, che comunque con cognizione di causa gli fa incontrare la natura che sia vera come quella di un bosco alpino o ricreata come il parco di casa tua. Vivere in natura è un’altra cosa forse più vicina al mondo contadino dove i ragazzini di 5 anni riconoscono i frutti o i figli dei boscaioli che passano i pomeriggi a pescare e veramente riconoscono le bacche o le castagne buone dai salvan( non so come si dice in italiano).I nostri ragazzi vivono in un mondo diverso, circondato da altri valori e da altri interessi e non credo ci sia molta differenza tra scoprire la bellezza delle bacche di un malus perchè tu le fai notare o vederle su wikipedia. Qualche settimana faun ragazzino di circa 17 anni mi ha tranquillamente detto che tutto quello che io potevo insegnarli lui lo poteva trovare su internet.

    Chissà se quello che volevo dirgli poi lo è andato a cercare.

  19. Chorima ha detto:

    Arrivo tardi?

    Ma é un argomento che mi interessa molto. Le vostre considerazioni sono tutte molto intelliggenti, ma non so se si é detto che forse l’uomo ha dimenticato (almeno in parte) di essere un animale. L'”animalitá” (guarda caso la radice é anima) é qualcosa di istintivo e ancestrale che ci rende felicissimi. Mangiare con le mani é una cosa bellissima, raccogliere frutti, procacciarsi il cibo da un immenso piacere; il sesso, pure.

    I bambini in fondo sono cuccioli. Ci preoccupiamo del loro sviluppo intellettuale, ma diamo scarsa importanza alla loro abilitá fisiche: forza, coordinazione, tempismo, equilibrio. Per acquisire queste capacitá i cuccioli giocano, litigano, corrono e si arrampicano sugli alberi. ¿E se non lo fanno da bambini, quando dovrebbero farlo

    • Paolo ha detto:

      Assolutamente d’accordo Chorima… 🙂

      Questo post è l’inizio di una piccola riflessione che si è sviluppata in una serie di post e commenti. Li puoi trovare cliccando qui

  20. Chorima ha detto:

    Grazie Paolo,
    sto esplorando un pó il blog. Gli argomenti interessanti sono tantissimi. E’ un peccato che la “navigazione” sia sempre cosí frettolosa.

    Approfitto per scusarmi dei miei svarioni ortografici e linguistici. Non scrivevo in italiano da parecchio tempo e, rileggendo, mi sono accorto che ne viene fuori uno strano “spanitaliano”.

    Saluti

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