Sentimentali

Meditando sulla discussione tra Silvio e Gatto Silvestre, mi è venuto in mente Pizzetti e la sua definizione di giardino come strumento per comprendere la natura. Io, con Ippolito, intendo il giardino non come un divertimento personale ma come una finestra sul mondo naturale, una finestra che mi mette in relazione, mi stimola, mi chiama alla vita, al piacere ma non solo.

Uno dei lacci più stretti che mi lega all’opera di Ippolito Pizzetti proviene della sua arcinota rubrica Pollice verde.

Gli “anta” come me ricorderanno quelle preziose paginette che si trovavano sui numeri settimanali dell’Espresso (fino ai primi anni ottanta) poi raccolte in un comodo volume per i tipi della Rizzoli. Alcuni, spero tanti,  avranno a mente le note ricorrenti sull’importanza delle “descrizioni sentimentali” di piante e giardini (non scorderò mai quel meraviglioso accenno alla Buddleja come vessillo e testimone delle miserie umane). L’aggettivo sentimentale, per la precisione umanistico sentimentale, è usato da Ippolito con colorazioni tutte positive, tese a sottolineare l’importanza dei vissuti emozionali, personali e collettivi che ci legano al mondo vegetale. Un dar voce che non scorda il rigore tassonomico e le considerazioni di stile. Un dar voce che affianca accuratezza botanica a fantasia, sentimento personale a tradizione artistica. Ippolito ha testimoniato questo nelle sue tante ed apprezzate opere.

Riprendere il tema oggi è cosa non semplice e ai più, soprattutto giardinieri formati alle scuole attuali, non piace, anzi irrita. Da noi, negli istituti tecnici e nelle facoltà di Agraria, non si  legge Pizzetti, almeno non da programma di studi come si evince ad esempio scorrendo quello  2008/2009 della Università di Bologna. Da questi autorevoli pulpiti pare che raccontare di piante e giardini in tono umanistico sia mezzo improprio, cose da giornalisti letterati e fotografi dal filtro facile, gente che  fa riviste patinate che si occupano non dei giardini ma piuttosto del sogno dei giardini. Come se sogno e giardino fossero…   (perdonate l’invettiva, ma è la frustazione di tanti incontri con studenti e diplomati e laureati in “giardino qualcosa” senza un sapere se non vago, non dico di Pizzetti, ma di William Robinson, di Vita Sackville-West, per non parlare dei più recenti Libereso Guglielmi, Piet Oudolf, Rick Darke, Keith Wiley, Wolgang Oehme e James van Sweden, Daniel Hinkley: tutti perfetti sconosciuti).

Cambio scena e per libere associazioni  mi sovviene  il monumento all’ingranaggio che tutte le mattine passo con lo sguardo lungo la strada per il lavoro. Cosa c’entra? Non lo so ma se avrete la ventura di incontrare questa “grandiosa” opera  inserita nell’allestimento giardiniero di una rinomata ditta locale vi assicuro vi rimarrà ad indelebile memoria (sia il monumento che l’allestimento) e a monito di come qui in bassa padana le cose, come dire, sono come sono.

Mi conforta il pensiero del sentimentale Pizzetti che di sicuro non era un tenero, almeno di penna. Immagino un suo commento alla “meraviglia” di Zola Predosa e già sorrido e torno di buon umore. La sua idea di sentimentale ha un’accezione precisa, alta, colta, e feroce verso ciò che considera da una parte sterile e accademico e dall’altra mieloso ed esoterico: sentite come apostrofa il pur amato Karl Foerster autore (da aggiungere all’elenco di cui sopra) del preziosissimo Erbe e Felci per il Giardino

Così che dopo la lettura di una mezza dozzina delle sue pagine ci si sente appicicosi e smaltati di bellezza & reverenza divina, come se si fosse caduti in un vasca di melassa.

Povero Karl: a fianco di elogi strameritati per il suo impegno a promuovere piante e associazioni inusitate ecco le sferzate violente sulla retorica Biedermeier del nostro severo commentatore.

Forse è proprio per questa veemenza, come mi è capitato con Witt, che negli anni ho un poco trascurato la verve puntuta di Pizzetti per arrivare ad approcci diversi, più… gentili. La figura di Rob Leopold che ho abbozzato l’anno scorso qui è da tempo una mia personale stella polare che mi ha fatto dimenticare  polemiche e diatribe annose.

Chiudo la riflessione e in perfetto stile San Valentino vi lascio con questa “sentimentale” stupenda fotografia.

Un saluto grande 🙂


the lovers by ~eyeofgotham on deviantART

 

Comments
9 Responses to “Sentimentali”
  1. equipaje ha detto:

    Questo post, quello su Reinhard e l’eccezionale scambio tra “silvio” e “gatto silvestro” (che mi ero persa: non ho i feed sui commenti) sono un’autentica miniera di spunti. Grazie davvero.

    Alcuni abbozzi di pensieri sparsi:

    1. la vecchia opposizione occidentale Natura-Cultura (con conseguente mitizzazione dell’Eden perduto) è proprio dura a morire;
    2. fare un giardino, per quanto possa parere l’atto più naturale del mondo, è sempre un atto culturale, e non si scappa;
    3. gatto e silvio scrivono entrambi cose assai condivisibili. Però in questi ultimi giorni mi sono trovata anch’io, come gatto, a fare svariati paralleli tra alimentazioni ed irrigazioni artificiali/forzate. E no, non sono malthusiana, e no, non negherei l’aspirina a nessuno;
    4. Pizzetti per me è stata una lettura determinante. A me manca proprio;
    5. Malgrado ciò, Pizzetti come testo da studiare in Università ce lo vedo davvero poco. Mi sembra già di sentire le eventuali obiezioni accademiche: poco rigoroso, troppo umorale, troppo soggetto a simpatie/antipatie verso alcune piante… anche fuori dall’Accademia, son state poi queste alcune delle critiche più importanti che gli hanno rivolto.

    Perdona l’invasione dello spazio commenti, ma il tema è centrale. A presto! 🙂

  2. Bumblebee ha detto:

    Hai ragione tu, Equipaje: all’Univerità meglio studiare sui manuali di Chiusoli.

  3. Paolo ha detto:

    Bumblebee, Bumblebee, mi riporti vent’anni indietro… stare sui testi di Chiusoli era come stare su una Zaz: il mondo fuori già girava in Subaru e Alfa.

  4. Bumblebee ha detto:

    Pensa adesso…

    Ho una proposta da farti: ti va se, con il contributo di tutti, creiamo un corso di studi ideale in Arte dei Giardini, rigorosamente anti-accademico?

    Comincio io:

    Corso di Flora Erbacea Americana, Prof. Marco Picca Piccon, Torino

    • Paolo ha detto:

      @ Bumblebee

      di prima intenzione, senza troppo pensare, io cominicerei proponendo l’introduzione.

      Un pomeriggio di fine inverno nel bosco di Carlo qui nella piana padana.
      Una mattinata di maggio nel prato di Gabriella su al Casoncello.
      In qualunque stagione e tutto il tempo che ci vuole nello sconfinato fazzoletto di natura di Libereso a San Remo.

      Nel mezzo, di tanto in tanto, momenti per volersi bene, in luoghi propri, segreti, e verdi naturalmente.

  5. silvio ha detto:

    … e se invece cominciassimo prima di tutto: CHI SONO COLORO CHE UTILIZZERANNO QUESTO GIARDINO? CHE FUNZIONE HA? QUALI PIANTE SONO MAGGIORMENTE INDICATE? QUALI PIANTE NON E’ OPPORTUNO INSERIRE? CHE GRADO DI ATTENZIONE E MANUTENZIONE AVRA’?
    Come mai queste domande non vengono mai poste?
    Ho visto decine di giardinieri progettare su giardini senza porsi la semplice domanda “chi ci abiterà in quella casa”. Saranno forse bambini con le loro necessità di spazi aperti o un giovane single con la sua necessità di privacy o una giovane coppia magari finalmente aperta a novità e a proposte diverse.
    Dopo possiamo giocare con idee, desideri o qualunque motivazione ci piaccia.

    P.S. Un corso di erbacee perenni (anche nostrane) sarebbe interessantissimo.

  6. Chorima ha detto:

    Il problema dell’universitá (italiana?) é che é fatta di molta teoría, poca pratica e nessun sentimento. Forse sono stato sfortunato, ma gli anni universitari, viaggi esclusi, per me sono stati anni si di studio, ma di scarsa attivitá culturale (in senso lato) e di nulla attivitá artística.
    Il giardino non é soltanto un mero prodotto della técnica. Richiede sensibilitá, contemplazione, creativitá e soprattutto sentimento. Leggere e conoscere i grandi personaggi che hanno sentito il giardino significa sviluppare interesse, stimolare la creativitá, “acutizzare” i sensi, percepire la bellezza.
    Senza tutto questo, i giardini, anche se progettati, appariranno inesorabilmente freddi, avulsi dal contesto, impersonali, tristi nella loro perfezione, senz’anima. Io a questi giardini di plástica, preferisco i giardini della nonna, forse un pó confusi, sovraccarichi, sgargianti, ma allo stesso tempo semplici ed emozionanti. Non saranno dei capolavori, ma sono giardini dai tempi lenti e dai gesti carichi d’amore.
    Ció che mi rattrista é che anche loro stanno scomparendo. Le villette dei monotoni complessi residenziali sono il colmo della desolazione. Da un lato la mancanza di sensibilitá (e di tempo), dall’altro la cruda e dubbiosa professionalitá delle ditte specializzate, hanno fatto dei giardini un “qualcosa” che non c’é piú, un vuoto nel paesaggio. Per la gente il giardino é lo spazio la fuori dalla porta, quel pezzo di terra che il costruttore non ha (non si sa bene perché) cementificato. Un giorno pianteranno qualcosa o, se sono disposti a spendere un pó di denaro, lo affideranno a una ditta.

    Perché, insieme ai grandi giardinieri, non fare studiare anche i giardini della nonna?

    • Paolo ha detto:

      Caro Chorima ho il pensiero che anche i giardini delle nonne qui da noi in Emilia siano in crisi: non vedo nelle generazione che si affacciano alla “nonnità” particolari passioni in questo senso. Quando si ha tutta una vita di città senza esperienza di natura, campagna, che non sia il trekking del week-end o il giorno di festa in agriturismo è difficile che nasca l’avventura di un giardino… Difficile ma non impossibile: adoro le storie controcorrente 🙂

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  1. […] attesa di rubar altro tempo per approfondire, semino un poco di libri dei giardinieri citati nel post precedente. Chissà mai che qualche nazional […]



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